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  • 31 ago
  • 2015

Vendita di impianti e macchinari all'estero: è appalto o vendita?

Accade di frequente che le aziende italiane esportatrici di impianti o macchinari, si domandino quale sia la disciplina giuridica applicabile ai loro contratti e se gli stessi rientrino nella fattispecie della vendita o dell'appalto. 

Fatte salve le particolarità delle singole fattispecie, tali contratti normalmente comportano:

- la fornitura di un prodotto da costruire e, quindi, non ancora esistente al momento della conclusione del contratto;

- l'apporto delle materie prime necessarie per la produzione dell'impianto o macchinario, che normalmente vengono fornite dal fabbricante ed incluse nel prezzo della fornitura; 

- la fabbricazione del prodotto da parte del fornitore, sulla base di specifiche tecniche (o modifiche rispetto agli standard del produttore), eventualmente fissate dall'acquirente; 

- un servizio di montaggio o installazione del prodotto eseguito dal fabbricante, ovvero dall'acquirente o da un terzo, sotto la supervisione del fabbricante.

Non sempre le aziende stipulano un contratto specifico con la controparte, che disciplini in maniera completa ed esaustiva il rapporto; spesso, ci si limita ad uno scambio di documenti (offerta, ordine, conferma d'ordine) che talvolta richiamano le condizioni generali di vendita dell'una o dell'altra parte, col risultato che non è poi chiaro quale sia la disciplina applicabile al contratto: quali siano i termini per denunciare eventuali vizi occulti, quali i limiti della relativa responsabilità, come possano essere affrontati eventuali ritardi nella consegna ecc.

Già a livello di normativa interna italiana, infatti, a seconda delle specifiche circostanze del caso di specie, tali contratti possono ricadere nell'ambito di applicazione del contratto di vendita (artt. 1470 ss. cod. civ., in particolare della vendita di cosa futura), ovvero di appalto (artt. 1655 ss. cod. civ.) e ciò potrà comportare notevoli differenze circa gli aspetti più sensibili del rapporto (ad esempio, termine di denuncia dei vizi e responsabilità).

Il principale criterio individuato dalla giurisprudenza italiana per distinguere tra le due fattispecie attiene, in particolare, all'incidenza delle modificazioni richieste dall'acquirente, rispetto al prodotto standard del fabbricante: in caso di prodotto standard, con modifiche minori richieste dall'acquirente, si avrà una vendita (di cosa futura); se invece il macchinario o impianto viene sensibilmente modificato per rispondere alle specifiche esigenze dell'acquirente, si ricadrà nell'appalto[1]. 

La situazione si complica ulteriormente quando il destinatario dell'impianto sia una società straniera: in tal caso, si applicheranno le norme sulla vendita (o sull'appalto) italiane, ovvero quelle del paese dell'acquirente? Eventuali convenzioni internazionali?

  

La Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale.

In linea di principio, la fornitura, da parte di fabbricanti italiani, di impianti o macchinari destinati ad acquirenti stranieri sarà disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale - United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods (CISG) - in vigore per l'Italia dal 1° gennaio 1988. 

Tale convenzione è infatti applicabile non soltanto nel caso in cui la controparte abbia sede in uno Stato che - come l'Italia - ha ratificato la convenzione, ma anche in ipotesi di acquirente di uno Stato non contraente, qualora la legge italiana sia comunque applicabile al contratto (e la legge italiana, in quanto legge del venditore/fornitore, costituirà la normativa applicabile in base alle norme di diritto internazionale privato della maggior parte degli ordinamenti giuridici)[2].

La CISG sarà tuttavia applicabile, a condizione che il contratto in questione sia qualificabile come vendita e non come appalto, in base ai criteri dettati dalla convenzione stessa (art. 3).

I criteri di demarcazione tra le due fattispecie, si noti, sono diversi rispetto a quelli stabiliti dalla giurisprudenza italiana per i contratti interni e richiedono quindi una disamina specifica.

Inoltre, per l'interpretazione delle norme della CISG esiste una giurisprudenza "sovranazionale", nel senso che le sentenze dei giudici dei vari Stati (e degli arbitri internazionali) che la applicano sono pubblicate ed accessibili a livello internazionale ed i giudici nazionali (come anche gli arbitri) tengono conto delle sentenze emesse anche dai loro colleghi stranieri[3].

 

La distinzione tra appalto e vendita nella Convenzione di Vienna. 

L'art. 3 della CISG prevede:

1.  I contratti aventi per oggetto la for­ni­tu­­ra di merce da fabbricare o pro­­­dur­re, sono da con­siderarsi ven­dite, a me­no che la parte che or­di­na la merce non deb­­ba for­nire una parte sostan­zia­le dei ma­­­te­riali ne­ces­­sari per ta­le fab­­bri­cazione o pro­duzione. 

2.   La presente Convenzione non si ap­plica ai contratti in cui la parte pre­­pon­de­ran­te degli ob­blighi del contraente che for­nisce la merce con­­si­ste nella prestazione di mano d'o­pera o di al­tri ser­­vi­zi.

 

E' vendita la fornitura di beni da fabbricare, con materiale fornito dal venditore.

I contratti di fornitura di impianti e macchinari, come si è visto sopra, rientrano senz'altro nella "fornitura di merce da fabbricare o produrre", di cui all'art. 3.1.

Secondo tale disposizione, dunque, essi saranno qualificabili come vendita (e disciplinati dalla Convenzione di Vienna) nella maggior parte dei casi; è piuttosto raro, infatti, che in contratti di questo tipo l'acquirente fornisca una parte sostanziale dei materiali da utilizzare per la costruzione dell'impianto o macchinario.

In un'unica ed ormai datata sentenza (del 25/5/1993[4]), la Corte d'Appello di Chambéry ha considerato l'indicazione delle specifiche tecniche (disegni) fornite dall'acquirente, come "parte sostanziale dei materiali necessari per la fabbricazione del prodotto" (applicando - se vogliamo - un criterio analogo a quello utilizzato dalla giurisprudenza italiana), per giungere ad escludere che nel caso di specie si trattasse di vendita secondo l'art. 3.1 della CISG. 

Tale sentenza però è rimasta totalmente isolata, essendo invece numerosi i casi in cui i giudici hanno fatto esclusivamente riferimento ai "materiali", nel senso proprio del termine[5].

 

La prevalenza dei servizi di manodopera rispetto al prodotto fornito.

A norma dell'art. 3.2 della Convenzione di Vienna, il contratto non rientrerà nella vendita nel caso in cui il venditore, oltre a fornire il prodotto, presti anche manodopera o servizi il cui valore sia preponderante rispetto a quello del prodotto fornito. 

Potrebbe trattarsi dell'ipotesi (anch'essa piuttosto infrequente) in cui il valore del montaggio o dell'installazione dell'impianto - posta a carico del fornitore - sia superiore al valore dell'impianto stesso. 

La giurisprudenza sul punto è solita effettuare una valutazione economica del valore del prodotto, rapportato al valore del servizio prestato. 

Casi di vendite di impianti e macchinari sono stati oggetto di valutazione sotto tale profilo: in svariate sentenze il valore dell'installazione[6], del montaggio, o dell'assistenza tecnica[7] è stato considerato non prevalente ed i giudici hanno concluso per l'applicazione della CISG. Tuttavia, in relazione ad alcuni impianti complessi i giudici[8] hanno ritenuto prevalente il valore dei servizi di montaggio, supervisione, messa in funzione ecc.

 

Conclusione.

L'impresa italiana esportatrice eventualmente abituata a considerare la fornitura di impianti o macchinari non standard come appalto, deve tener presente che nelle vendite internazionali lo stesso contratto potrà invece ricadere nella fattispecie della vendita ed essere disciplinato dalla Convenzione di Vienna del 1980. 

A tale disciplina si dovrà quindi far riferimento nella redazione di contratti internazionali di vendita del macchinari ed impianti, ovvero di condizioni generali da utilizzare nei rapporti con acquirenti stranieri in questo settore, come anche nella gestione eventuali controversie.

 

 

Silvia Bortolotti

 



[1] Vedi, ad esempio, Cons. Stato Sez. IV, 07/07/2014, n. 3421; Trib. Roma Sez. XI, 27/11/2013; Cass. civ. Sez. II, 26/03/2013, n. 7624. Il ragionamento svolto dai giudici è, in realtà, più articolato: si fa riferimento alla volontà delle parti ed alla prevalenza del dare rispetto al facere, ma il criterio per stabilire quando la prestazione consista in un dare ovvero in un fare attiene proprio alla "personalizzazione" del prodotto, rispetto allo standard del fabbricante.

[2] Il testo della convenzione e gli Stati che l'hanno ratificata si possono trovare seguendo il seguente link: http://www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/sale_goods/1980CISG.html.

[3] I principali siti nei quali vengono pubblicate tali sentenze sono i seguenti: www.cisg.law.pace.edu; www.cisg-online.ch; www.unilex.info.

[4] in: http://cisgw3.law.pace.edu/cases/930525f1.html.

[5] Vedi, ad esempio, Court of First Instance of Fuenlabrada, 11 May 2012; Handelsgericht des Kanonts Zürich, 8 April 1999.

[6] Vedi, ad esempio, Tribunale d’appello Lugano, Switzerland, 29 October 2003.

[7] Ad es. Obergericht Zug, Switzerland, 19 December 2006; Zivilgericht Basel-Stadt, Switzerland, 8 November 2006; Kantonsgericht Zug, Switzerland, 14 December 2009.

[8] Obergericht Aargau, Switzerland, 3 March 2009; Handelsgericht Zürich, Switzerland, 9 July 2002.