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  • 6 feb
  • 2014

Il caso UNAMAR e la legge applicabile ai contratti di agenzia

Il caso UNAMAR c. Navigation Maritime Bulgare (Sentenza della Corte di giustizia europea del 17 ottobre 2013).

La Corte di giustizia europea ha emanato un'importante sentenza relativa all'efficacia di clausole di scelta della legge applicabile contenute in contratti di agenzia commerciale.
Il caso riguardava un contratto di agenzia tra una società di navigazione bulgara (NMB) ed un agente belga (UNAMAR) contenente una clausola di scelta della legge bulgara come legge applicabile ed una clausola arbitrale in favore di un'istituzione arbitrale di tale paese. In seguito alla risoluzione del contratto, UNAMAR iniziava una causa davanti ai giudici belgi per il riconoscimento dell'indennità di clientela e di ulteriori indennità spettanti sulla base di tale legge.

Dal momento che le due normative invocate (bulgara e belga) danno attuazione alla medesima direttiva europea (direttiva 86/653 sugli agenti commerciali indipendenti), si poneva la questione di vedere se il tribunale belga potesse disattendere la scelta della legge bulgara effettuata delle parti applicando invece la legge belga del 13 aprile 1995 che prevede un più elevato livello di protezione dell'agente e che stabilisce espressamente all'art. 27 che:

« ... ogni attività di un agente commerciale che abbia la sede principale in Belgio è assoggettata alla legge belga e rientra nella competenza giurisdizionale dei tribunali belgi».


Il caso giungeva davanti alla Corte di Cassazione e quest'ultima decideva di sottoporre alla Corte di giustizia europea la questione se, in base alle norme della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,

« ... le norme imperative [di applicazione necessaria] in vigore nel paese del giudice, che offrono una tutela più ampia della protezione minima imposta dalla direttiva [86/653], debbano essere applicate al contratto, anche se risulta che il diritto applicabile al contratto è il diritto di un altro Stato membro dell’Unione europea nel quale è stata parimenti attuata la protezione minima offerta dalla direttiva».

Ora, sulla questione se un tribunale nazionale possa applicare le norme di applicazione necessaria del foro in luogo della legge scelta dalle parti, l'art. 7(2) della convenzione di Roma stabilisce espressamente che: 

« ... la presente convenzione non può impedire l'applicazione di norme in vigore nel paese del giudice, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto.»


Ciò significa che il giudice nazionale ha il potere di applicare eventuali norme di applicazione necessaria del foro in luogo della legge che sarebbe altrimenti applicabile.

Tuttavia, nel caso di specie si presentava un problema aggiuntivo, relativo al coordinamento del principio di cui sopra con la normativa europea, in quanto la legge che il giudice belga intendeva disapplicare sulla base dell'art. 7(2) della Convenzione di Roma (e cioè, la legge bulgara) è basata sulla medesima direttiva su cui si basa la legge belga.

In questo contesto l'applicazione di norme di applicazione necessaria del foro (in luogo della legge scelta dalle parti) potrebbe porsi in conflitto con la finalità armonizzatrice della direttiva e con il principio che le parti debbono essere libere di scegliere tra due leggi che attuano correttamente la medesima direttiva europea. D'altro canto, visto che la direttiva non impone delle norme uniformi, gli Stati membri sono liberi di prevedere soluzioni più favorevoli all'agente e quindi di pretenderne l'osservanza da parte dei propri giudici.

La Corte di giustizia ha optato per una soluzione di compromesso, affermando che il tribunale nazionale può applicare le norme più protettive del proprio ordinamento (in luogo della legge scelta dalle parti),

« ... unicamente se il giudice adito constata in modo circostanziato che, nell’ambito di tale trasposizione, il legislatore dello Stato del foro ha ritenuto cruciale, in seno all’ordinamento giuridico interessato, riconoscere all’agente commerciale una protezione ulteriore rispetto a quella prevista dalla citata direttiva, tenendo conto, al riguardo, della natura e dell’oggetto di tali disposizioni imperative».

Sembrerebbe quindi che, per poter prevalere sulla legge di un altro paese basata sulla medesima direttiva, non sia sufficiente che le norme dello Stato del foro prevedano un livello più elevato di protezione ed attribuiscano loro carattere di norme internazionalmente inderogabili, ma che debba altresì risultare che tale scelta sia di importanza cruciale per l'ordinamento in questione, in considerazione della natura e delle finalità perseguite dalle norme in questione.

In altri termini, la Corte di giustizia sembra richiedere che, affinché la norma del foro possa prevalere sulla legge altrimenti applicabile, non basti che il legislatore la qualifichi come norma che dev'essere applicata quale che sia la legge applicabile (conformemente al principio sancito dall'art. 7(2) della convenzione di Roma) ma che debba anche essere rispettata una condizione ulteriore, e cioè che si tratti di una norma rientrante nella definizione contenuta nell'art. 9(1) del regolamento Roma I – n. 593/2008, e cioè di una norma:

«... il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto ...»

Resta comunque aperta la questione di vedere come i principi affermati dalla Corte di giustizia verranno applicati in concreto dai giudici nazionali. L'unica considerazione che si può fare al momento attuale è che il fatto in sé di qualificare certe disposizioni di attuazione di una direttiva come norme di applicazione necessaria (che debbono quindi essere applicate quale che sia la legge regolatrice del contratto) non implica automaticamente che esse prevalgano sulle norme di un altro Stato membro che abbia attuato correttamente la direttiva. Infatti, affinché si produca tale effetto si dovrà procedere ad un'analisi ulteriore della finalità e dell'importanza delle norme di applicazione necessaria del foro che permetta di concludere che la disapplicazione della normativa altrimenti applicabile è oggettivamente giustificata.

 

Fabio Bortolotti