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  • 25 gen
  • 2016

Indennità di cessazione e risarcimento di danni ulteriori? La Corte di Giustizia Europea si pronuncia sull’art. 17 della direttiva sugli agenti commerciali.

L’art. 17 della Direttiva 1986/653 sugli agenti commerciali, attuata in tutti i paesi dell'Unione Europea, contempla due sistemi alternativi di indennizzo dell’agente a seguito della cessazione del rapporto, tra i quali gli Stati membri possono scegliere in sede di trasposizione della direttiva nel loro ordinamento, e cioè:

-  un’indennità di clientela, ispirata al sistema vigente in Germania, intesa a com­pensare l'agente per la clientela apportata al preponente nel corso del contratto, entro il limite massimo di un anno di provvigioni, calcolata sugli ultimi cinque anni del rapporto, e

-  una riparazione del pregiudizio causatogli dalla cessazione del rapporto con il pre­po­nente, basata sul sistema vigente in Francia.

La previsione di due sistemi così diversi (quello "francese" non richiede la prova dell'ap­porto di clientela, né un "tetto" massimo dell'indennizzo) è frutto di un compromesso, inteso a consentire sia alla Germania che alla Francia di mantenere sostanzialmente invariati i sistemi in vigore nei rispettivi paesi.

Benché la natura giuridica dei due tipi di compenso di fine rapporto sia apparen­temente diversa, il primo come indennità per la clientela sviluppata dall'agente, di cui potrà beneficiare il preponente dopo la fine del contratto e il secondo come risar­ci­mento del danno subito dall'agente in seguito alla cessazione del rapporto (e cioè, essenzialmente, la perdita delle provvigioni che avrebbe percepito in caso di conti­nua­zione dello stesso), i due sistemi hanno la medesima funzione di indennizzo per l’a­zio­ne svolta nel corso del rapporto.

In quest'ottica è importante sottolineare come il "risarcimento del danno" ai sensi del sistema francese abbia un significato più ampio di quello di risarcimento da inadem­pimento o da fatto illecito, comunemente attribuito a quel termine. Esso si riferisce infatti, a qualsiasi danno conseguente alla cessazione del contratto su iniziativa del prepo­nente, a prescindere dal fatto che la risoluzione sia o meno illecita.

Probabilmente al fine di evitare che si potesse ritenere che l'indennità "tedesca" esclu­des­se la possibilità per l'agente di chiedere il risarcimento dell'eventuale danno deri­vante da un recesso illegittimo, i redattori della direttiva hanno sentito l'esigenza di pre­cisare, nel contesto della disciplina dell'indennità "tedesca", all'art. 17(2)(c), che la concessione dell'in­den­nità non priva l'agente del diritto di chiedere un risarcimento dei danni.

Questa disposizione, però, non specifica se essa si riferisca soltanto al danno che sorge dall’illecita risoluzione del contratto o se la stessa si estenda anche a eventuali danni causati dal semplice fatto della cessazione del rapporto.

La legge belga del 13 aprile 1995 di attuazione della Direttiva, dispone, all’art. 21, che l’agente ha diritto, in aggiunta all’indennità, alla riparazione dei danni non eccedenti la differenza tra l’ammontare della perdita realmente occorsa e l’ammontare dell’inden­nità.

In virtù di questa norma, gli agenti belgi hanno la possibilità di superare il limite della provvigione annua fissato per l’indennità, purché dimostrino l’esistenza di danni ul­te­riori che sorgano in seguito alla cessazione del rapporto, come, ad esempio, inve­sti­menti non ammortizzati, costi sopportati per il licenziamento di impiegati, ecc.

 

La controversia oggetto della pronuncia pregiudiziale

In seguito alla risoluzione di due contratti di agenzia rispettivamente con Citibank e Citilife, un agente belga, sig. Quenon richiedeva ai propri preponenti il pagamento: (a)  dell’indennità di preavviso (per non aver osservato il periodo di preavviso), (b) dell’in­den­nità di cessazione del rapporto e, (c), in conformità con l’art. 21 della legge belga, il risarcimento di ulteriori danni conseguenti alla cessazione del contratto.

Le convenute contestavano che l’art. 21 della legge belga, così come interpretato dal­l'at­tore (e cioè in modo da consentire il risarcimento dei danni in assenza di colpa, per il semplice fatto della cessazione del contratto), sarebbe contrario alla Direttiva, la quale non consentirebbe di cumulare due sistemi di indennizzo, ossia il sistema dell'in­dennità e quello della riparazione del danno.

La controversia veniva portata dinnanzi al Tribunal de commerce di Bruxelles, la cui sentenza veniva poi appellata. La Corte d’appello di Bruxelles decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1.      Se l’articolo 17 della direttiva 86/653 debba essere interpretato nel senso che è consentito al legislatore nazionale stabilire che, in seguito all’estinzione del con­tratto, l’agente commerciale abbia diritto a un’indennità di clientela di importo non superiore a quello della retribuzione annua nonché, nel caso in cui l’indennità in questione non copra la totalità del danno effettivamente subito, a un risarci­mento fino a concorrenza della differenza fra l’importo del danno effettivamente subito e quello dell’indennità di cui trattasi.

2.      Se, in particolare, l’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 86/653 debba essere interpretato nel senso che esso subordina la concessione di un risarcimento ulteriore rispetto all’indennità di clientela all’esistenza di un illecito contrattuale o extracontrattuale da parte del preponente che presenti un nesso causale con il danno invocato, nonché all’esistenza di un pregiudizio distinto da quello risarcito attraverso l’indennità forfettaria di clientela.

3.      In caso di risposta affermativa a quest’ultima questione, se l’illecito debba con­sistere in qualcosa di diverso da una risoluzione unilaterale del contratto, come ad esempio in un preavviso insufficiente, nella concessione di indennità sostitutive del preavviso e di clientela insufficienti, nell’esistenza di gravi motivi imputabili al preponente, in un abuso del diritto di risoluzione o in qualsiasi altro inadem­pi­mento, in particolare sotto il profilo delle pratiche commerciali».

 

La decisione della Corte di giustizia

La Corte di giustizia si è pronunciata in favore della validità della norma della legge belga che consente di aggiungere all'indennità, limitata al tetto massimo di un anno di provvigioni, l'eventuale danno ulteriore non coperto dall'indennità, soluzione del resto conforme al principio per cui la direttiva prevede un livello minimo di protezione al quale gli Stati possono sempre derogare con norme più favorevoli all'agente.

Essa ha affermato in particolare che l'art. 17(2) della direttiva

« ... non osta ad una normativa nazionale che dispone che l’agente commerciale ha diritto, all’atto dell’estinzione del contratto di agenzia, sia ad un’indennità di clientela di un importo massimo limitato a un anno della sua retribuzione sia, laddove tale indennità non copra integralmente il danno effettivamente subìto, alla concessione di un risarcimento per danni ulteriori, purché una siffatta normativa non sfoci in un duplice indennizzo dell’agente per la perdita di provvigioni in seguito alla risoluzione di detto contratto».

Quanto poi alla questione se la nozione di risarcimento del danno di cui all'art. 17(2)(c) si limiti a quella usuale di danno da inadempimento o fatto illecito, la Corte ha accolto esplicitamente l'interpretazione più ampia affermando che l'art. 17(2)(c) della direttiva dev'essere interpretato nel senso che

« ... la concessione del risarcimento dei danni non è subordinata alla dimostrazione dell’esistenza di un illecito imputabile al preponente, che presenti un nesso causale con il danno invocato, ma esige che il danno invocato sia distinto da quello risarcito dall’indennità di clientela»

In questo modo la Corte ha riconosciuto la legittimità della normativa nazionale che consente all'agente di pretendere il risarcimento degli ulteriori danni subiti in seguito alla (legittima) cessazione del rapporto, purché questi siano distinti da quelli risarciti attraverso l'indennità di clientela.

Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, la Corte sembra ritenere che il "danno" ri­sar­cito at­tra­verso l'indennità corrisponda alle provvigioni che l'agente avrebbe potuto percepire in caso di continuazione del rapporto, e che quindi il risarcimento aggiuntivo debba rife­rirsi a perdite di altro tipo, come investimenti non recuperabili, costi di licen­ziamento di personale non più utilizzabile, ecc.  

Possibili effetti su altre legislazioni nazionali

È importante sottolineare che l'oggetto della sentenza riguarda la compatibilità con la direttiva di una legge nazionale che riconosca, nel contesto del sistema “tedesco", un risarcimento del danno in aggiunta all'indennità di clientela. Essa dovrebbe, in linea di principio, lasciare impregiudicata l'interpretazione delle norme nazionali che attuano l'art. 17(2)(c) della direttiva.

Al tempo stesso, però, quando la Corte afferma in termini generali che l'art. 17(2)(c) della direttiva va interpretato nel senso che la concessione del risarcimento del danno non presuppone necessariamente un illecito imputabile al preponente, essa apre degli spazi per sostenere che le norme nazionali debbano essere interpretate secondo tale criterio estensivo.

Siccome la maggior parte dei paesi ha semplicemente trasposto letteralmente la nor­ma della direttiva senza specificare se debba trattarsi di un danno riconducibile ad un inadempimento del preponente, la questione è normalmente rimessa alla giurispru­den­za.

In molti paesi, ed in particolare in Italia, l’orientamento prevalente è che i danni che l'agente può richiedere in aggiunta all'indennità siano unicamente quelli da inadem­pi­mento o fatto illecito; eventuali danni subiti in conseguenza di una risoluzione legit­ti­ma del contratto si considerano coperti dall'indennità e potranno unicamente costitui­re degli elementi da tener presenti per determinarne l'ammontare, sempre entro il li­mite mas­simo di un anno di provvigioni.

In seguito alla pronuncia della Corte, vi sarà spazio per sostenere che la norma nazio­nale di attuazione dell’art. 17(2)(c) della direttiva va interpretata conformemente alla sentenza Quenon e quindi deve includere eventuali danni conseguenti alla cessazione del rapporto in quanto tale. Ove si affermasse questo orientamento, verrebbe ad assumere un rilievo determinante il profilo della distinzione tra danni coperti dall'in­den­nità e danni che possano essere richiesti in aggiunta a questi, in quanto diversi dall’indennità, aspetto solo accennato, ma non sviluppato dalla sentenza commentata.

 

Prof. Avv. Fabio Bortolotti