Sull’applicabilità agli agenti del divieto di modifiche unilaterali del contratto
Avv. Silvia Bortolotti
Redattore
Com’è noto, il c.d. Jobs Act sul lavoro autonomo (L. 22/05/2017, n. 81 - Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato) ha introdotto alcune limitazioni alla libertà contrattuale, prevedendo tra l’altro l’inefficacia delle clausole di modifica unilaterale del contratto.
In particolare, l’art. 3 di tale legge (entrata in vigore il 14 giugno 2017) così dispone:
“1. Si considerano abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere da esso senza congruo preavviso nonché le clausole mediante le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di pagamento.”
Alcuni autori hanno sostenuto che tale norma si applichi anche agli agenti di commercio (quanto meno, agli agenti la cui attività viene svolta in via prevalentemente personale), con la conseguenza di rendere inapplicabili nei loro confronti non soltanto eventuali clausole contrarie, contenute nei relativi contratti individuali, ma anche le norme contenute negli Accordi Economici Collettivi dei vari settori, che consentono - entro certi limiti - di effettuare modifiche unilaterali (le c.d. variazioni di zona).
Premesso che l’agente deve certamente considerarsi un lavoratore autonomo, nel senso che, per ricadere sotto la disciplina dell’agenzia deve escludersi la sussistenza di quelle condizioni (direzione, controllo, assenza di rischio ecc.) che lo potrebbero far ricadere sotto la disciplina del lavoro subordinato, occorre tuttavia considerare che l’art. 1, secondo comma, della legge 81/2017 esclude dall’ambito di applicazione del Capo I (Tutela del lavoro autonomo): “gli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile.”
Rileviamo anzitutto che la questione interpretativa si pone unicamente con riguardo agli agenti persone fisiche e non a quelli costituiti in forma societaria, i quali pacificamente svolgono un’attività imprenditoriale.
In ogni caso, anche con riferimento agli agenti persone fisiche, a nostro avviso, ben difficilmente potrà ipotizzarsi il caso in cui tale figura non ricada nella nozione di imprenditore (di cui all’art. 2082 c.c.) e neppure, per gli agenti meno strutturati, in quella di “piccolo imprenditore” di cui all’art. 2083 c.c.
L’agente persona fisica, infatti, senz’altro svolge un’attività produttiva (nel senso che è diretta alla produzione di un servizio e non è di mero godimento), professionale (ossia stabile e non meramente occasionale), condotta con un metodo economico ed assumendo un rischio d’impresa. Quanto al requisito dell’organizzazione, anche nei casi in cui l’agente svolga la sua attività unicamente con il lavoro proprio, senza utilizzare collaboratori o il supporto dei componenti della sua famiglia, egli sarà comunque dotato di un’organizzazione di mezzi e strumenti necessari per lo svolgimento della propria attività.
In concreto, anche tale soggetto, per poter svolgere l’attività di agente, sarà costituito in forma di ditta (impresa) individuale, sarà dotato di una partita IVA e dovrà essere iscritto al REA.
Anche la giurisprudenza, sebbene non paia aver affrontato direttamente ed esplicitamente la questione, sembra essere favorevole a far rientrare gli agenti nell’ambito di applicazione degli artt. 2082 e 2083 c.c. (cfr. Cass. n. 12338/2017; Cass. 9102/2003).
Del resto, non vi è neppure la necessità di estendere agli agenti di commercio la tutela conferita al lavoratore autonomo dall’art. 3 della legge 81/2017, da momento che essi godono già di una protezione a livello legislativo, di contrattazione collettiva e giurisprudenziale sugli aspetti ivi disciplinati.
Riteniamo quindi di poter concludere che ravvisare l’ipotesi di un’agente, che svolga l’attività unicamente con lavoro proprio e che pur essendo dotato di quell’autonomia tale da escludere l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato, non possieda i requisiti sufficienti – in termini di organizzazione – per rientrare nella nozione di imprenditore ex art 2082 c.c. e neppure in quella di piccolo imprenditore ex art 2083 c.c., seppure - forse - astrattamente possibile, non sia facilmente ipotizzabile in concreto.
Di conseguenza, l’art. 3 della legge 81/2017 non si applicherà agli agenti (neppure agli agenti persone fisiche), salvo nel remotissimo caso in cui essi provino di essere lavoratori autonomi ma non anche imprenditori.
Silvia Bortolotti