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  • 6 giu
  • 2023

Vendita internazionale e rischio di subire cause giudiziarie davanti a giudici stranieri. L’importanza di utilizzare condizioni generali di vendita adeguate

Nella vendita internazionale B2B, è piuttosto frequente che l’acquirente straniero effettui delle contestazioni (tipicamente riguardanti ritardi di consegna o difetti di prodotti), minacciando di instaurare un giudizio davanti ai giudici del proprio paese.

Le contestazioni possono essere più o meno fondate e talvolta sono anche pretestuose e dirette unicamente ad evitare, in tutto o in parte, il pagamento del prezzo.

In tali circostanze è fondamentale reagire prontamente, verificando se ci siano le condizioni per contestare la competenza del giudice straniero ed eventualmente anticipare l’azione di controparte, iniziando un giudizio in Italia.

Senza entrare nel merito dell’opportunità di instaurare un giudizio in Italia (talvolta, potrebbe anche essere preferibile difendersi in una causa giudiziaria davanti ad un giudice diverso da quello italiano), in molti casi, l’azienda italiana vorrà evitare di trovarsi a gestire un procedimento giudiziario in un paese lontano, con lingua sconosciuta, con un’eventuale consulenza tecnica sui prodotti delegata a tecnici locali, con costi elevati per partecipare alle udienze, ecc.

Sarà quindi essenziale poter valutare in tempi brevi la possibilità di radicare preventivamente in Italia la giurisdizione, allo scopo di evitare il giudizio nel paese della controparte, ovvero per impedire il riconoscimento in Italia di un’eventuale sentenza resa nel paese del compratore.

L’individuazione del giudice competente non è sempre facile, soprattutto se si considerano i contratti di vendita internazionale conclusi tramite lo scambio di offerte, ordini, conferme d’ordine, accompagnati magari da condizioni generali di vendita e/o di acquisto.

Occorre quindi preliminarmente capire come, nello specifico, si sia concluso il contratto e quali termini e condizioni siano stati validamente accettati e concordati tra le parti, in conformità alla legge applicabile all’accordo.

In questo contesto, potranno essere rilevanti – oltre ad eventuali clausole di scelta del foro, che normalmente richiedono particolari forme per la loro valida accettazione – anche i c.d. termini di resa (tra i più conosciuti, i termini Incoterms della Camera di Commercio Internazionale), che tra i vari aspetti, individuano anche il luogo di consegna della merce.

In particolare, la scelta di un termine di resa Incoterm che preveda la consegna dei beni in Italia, quali ad esempio, EXW o FCA, ove accettata dall’acquirente (non necessariamente in forma scritta), potrebbe essere utile per radicare la giurisdizione davanti al giudice italiano, in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE: si vedano in particolare le note sentenze “Car Trim” del 25.2.2010 - causa C-381/08 - ed “Electrosteel” del 9.6.2011 - causa C-87/10, con riferimento al termine EXW, di recente confermate in maniera esplicita anche dalla Corte di Cassazione a sezioni unite (Cass. SU, n. 11346 del 2.5.2023).

Si consideri inoltre che anche altre previsioni contrattuali, che possono essere disciplinate nelle condizioni generali di vendita (ad esempio, concernenti la limitazione della responsabilità del venditore), possono essere validamente accettate dal compratore straniero anche non in forma scritta (ovviamente, sempre facendo riferimento alle vendite B2B).

Risulta quindi importante, per le aziende italiane esportatrici, predisporre un testo di condizioni generali di vendita che, da un lato, consenta loro di sottrarsi ad eventuali cause giudiziarie all’estero e, dall’altro, contenga clausole adeguate a tutelarle in maniera efficace nel merito della controversia: tale secondo aspetto potrà essere utile, anzitutto per gestire un’eventuale trattativa stragiudiziale da una posizione di maggior forza negoziale e, ove inevitabile, per difendersi in un’eventuale successiva controversia giudiziale.

Purtroppo, le aziende spesso sottovalutano l’importanza delle condizioni generali: talvolta non le utilizzano, oppure usano testi che non rispecchiano realmente la loro prassi commerciale, o includono clausole che non sono propriamente efficaci, o escludono l’applicazione di norme che sarebbero invece utili ai fini della loro tutela in giudizio (ad esempio, la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale - CISG).

Anche riguardo all’utilizzo delle condizioni, si vedono spesso situazioni in cui le imprese le inseriscono in documenti che non vengono utilizzati nella fase di conclusione del contratto di vendita, ma nella fase successiva di esecuzione del contratto (tipicamente, le fatture o i documenti di trasporto).

A fronte di una lunga e consolidata esperienza giudiziale e stragiudiziale in questa materia, riteniamo importante insistere quindi sull’importanza per le aziende italiane che vendono all’estero, di predisporre un testo di condizioni generali di vendita adeguato a tutte le esigenze sopra indicate e adattato alle specificità della singola azienda e che sia ben coordinato con tutti gli altri documenti scambiati in fase di conclusione ed esecuzione del relativo contratto internazionale di vendita.

Il nostro studio rimane a disposizione per eventuali richieste di approfondimento.

 

 

Avv. Silvia Bortolotti