Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la Cookies Policy.

Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

 
  • 4 lug
  • 2025

Tutela contro i free riders nelle reti di distribuzione selettiva

Com’è noto, la normativa dell’Unione Europea ed italiana in materia di marchi si basa sul principio del c.d. “esaurimento del marchio”, inteso nel senso che, una volta che un prodotto sia immesso in commercio nel mercato italiano, ovvero nel territorio dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo (SEE) dal titolare del marchio o col suo consenso, il titolare non può più opporsi alla libera circolazione di tale prodotto (v. l’art. 15.1, Reg. Marchio UE – Reg. 2017/1001 e l’art. 15.1 della Direttiva marchi – 2015/2436, recepita in Italia nell’art. 5.1 del Codice della Proprietà Industriale – D.Lgs. 10/02/2005, n. 30, in seguito “CPI”).

Ciò escluderebbe quindi qualsiasi azione del titolare del marchio contro terzi che rivendono i relativi prodotti, in tutti i casi in cui questi ultimi li abbiano acquistati legittimamente dal titolare stesso, o da altri rivenditori all’interno del SEE o dell’UE.

Tuttavia, l’art. 15.2, Reg. 2017/1001, l’art. 15.2 della Direttiva 2015/2436 e l’art. 5.2 CPI, prevedono che, pur a fronte dell’avvenuto esaurimento del diritto, ed in via di eccezione, il titolare del marchio possa legittimamente opporsi all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in presenza di “motivi legittimi”.

Per quanto qui di interesse, si considerano “motivi legittimi”, oltre alle ipotesi espressamente menzionate dalle norme sopra citate (ossia la modifica o alterazione dei prodotti dopo la loro immissione in commercio), il pregiudizio arrecato alla reputazione del marchio, derivante dalle modalità con cui la commercializzazione avviene e l’indebito vantaggio che il free rider trae dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio.

Sotto tali profili, rilevano, a livello comunitario, in particolare le sentenze della Corte di Giustizia Copad/Christian Dior (sentenza CGUE del 23/04/2009, C-59/08) e Christian Dior/Evora (sentenza CGCE 04/11/1997, C-337/95).

La giurisprudenza italiana, in passato, era restia a riconoscere una tutela contro il free rider, ritenendo in linea di principio che – in assenza di vincolo contrattuale col titolare del marchio – qualsiasi soggetto dovesse ritenersi libero di rivendere i prodotti acquistati legittimamente, salvo i casi di alterazione o modifica degli stessi.

Negli ultimi anni, però, i giudici italiani - a cominciare dal Tribunale di Milano ed oggi anche molti Tribunali di varie città italiane (e di recente anche la Corte di Cassazione) – hanno mutato orientamento.

Tra le molte sentenze, si possono citare: Trib. Milano 3/3/2025; Trib. Torino 24/7/2024, Trib. Napoli 14/6/2024, Trib. Roma 3/5/2024, Trib. Catania 5/2/2024, Trib. Milano 8/12/2023, Trib. Torino 17/5/2023, Trib. Milano 17/3/2023, Cass. n. 7378 del 14/3/2023, Trib. Milano 2/1/2023, Trib. Perugia 7/1/2022.

In particolare, l’eccezione al principio dell’esaurimento del marchio per “motivi legittimi” viene applicata dai giudici italiani al ricorrere delle seguenti condizioni:

-  esistenza di una rete di distribuzione selettiva, contenente un legittimo divieto di vendita fuori rete (contratto che dev’essere conforme alla normativa antitrust applicabile);

-  commercializzazione di prodotti di lusso o di prestigio, per le caratteristiche del prodotto e/o le modalità di presentazione e vendita (es. prodotti tecnologici, prodotti di moda, cosmetici, gioielli, ecc.);

-  controllo e tutela dell’integrità della rete da parte del titolare;

-  conoscenza dell’esistenza di tale tipologia di rete, da parte del free rider;

-  commercializzazione da parte del free rider, che arrechi al titolare del marchio un grave pregiudizio alla reputazione del marchio.

L’ultima condizione costituisce l’elemento più importante, che viene valutato dai giudici in maniera molto rigorosa, sulla base delle circostanze di fatto e le prove dedotte in giudizio. Tipicamente il pregiudizio deriva dalle modalità con cui i prodotti sono presentati e venduti dal free rider (su un sito internet o in un negozio “fisico”), in comparazione con le modalità che devono seguire i distributori selettivi appartenenti alla rete; ad esempio, quando i prodotti vengono posti in vendita accanto ad altri di qualità inferiore, senza un’adeguata presentazione ecc.

Questo tema è stato affrontato – tra gli altri - nell’ultima Conferenza Annuale dell’International Distribution Institute (IDI), tenutasi a Torino, il 6-7 giugno 2025.

 


Avv. Silvia Bortolotti