Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la Cookies Policy.

Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

 
  • 9 mag
  • 2022

Recente sentenza della Cassazione in tema di vendita di beni di consumo e garanzia

Con la sentenza qui in commento (Cass. 3695/2022 del 7.2.2022) la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire alcuni principi cardine in relazione al diritto di garanzia nell’ambito della vendita dei beni di consumo.

La vicenda riguardava un signore che aveva citato in giudizio la concessionaria presso la quale aveva acquistato l’automobile per la presenza di vizi che la rendevano inidonea all’uso cui era destinata e chiedeva quindi la risoluzione del contratto.

Il Tribunale di Lecce accoglieva la domanda.

La Corte d’Appello invece, ritenendo fondate le eccezioni sollevate dalla concessionaria, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda, ritenendo la denuncia dei vizi intempestiva, in quanto proposta dopo due mesi dalla scoperta. La corte distrettuale giungeva a tale conclusione sulla base del fatto che, a suo giudizio, l’appellato non aveva provato di aver denunciato i vizi nel predetto termine, né vi era stato il riconoscimento dei vizi da parte del venditore.

Cosicché il consumatore adiva la Suprema corte per la riforma della sentenza.

Quest’ultima ha evidenziato come la corte distrettuale, errando, non avesse ritenuto rilevanti, ai fini della tempestività della denuncia dei vizi, i ricoveri dell’autovettura presso la concessionaria “per riparazione in garanzia”, sul rilievo che questi non comportassero un riconoscimento dei vizi da parte del venditore, ed ha invece dato rilievo alla sola raccomandata con cui il consumatore (in ritardo rispetto ai termini previsti dal codice del consumo) aveva denunciato formalmente i vizi.

Ebbene la Cassazione ha ritenuto, invece, che la circostanza che l’auto fosse stata portata in concessionaria “per riparazioni in garanzia” costituiva una valida forma di denuncia dei vizi, essendo palese che il ricovero non fosse stato determinato da controlli di routine. La Corte accertava inoltre che i suddetti ricoveri rappresentavano altresì testimonianza del tentativo di riparazione e sostituzione del bene.

Accertato quanto sopra, la Suprema corte ha poi fissato i punti salienti della questione, richiamando principi già espressi dalla giurisprudenza della Corte UE.

Il codice del consumo presume che un difetto esista sin dalla consegna, se si manifesta entro sei mesi (diventati un anno per i contratti conclusi dal 1° gennaio 2022, ex D.lgs. 170/2021) e viene denunciato dal consumatore entro due mesi dalla scoperta (condizione abolita dal D.lgs. 170/2021 per i nuovi contratti, conclusi dal 1° gennaio 2022).

Quindi, Il venditore è responsabile per i difetti che si manifestano entro due anni dalla consegna, solo che dopo sei mesi (ora un anno) l’onere della prova circa l’esistenza del vizio passa sul consumatore. Tuttavia, l’onere della prova che incombe in capo al consumatore è decisamente più attenuato rispetto a quello richiesto al venditore. Infatti, per il consumatore, data la sua posizione più “debole”, è sufficiente denunciare e non anche dimostrare l’esistenza del vizio (senza nemmeno essere tenuto ad indicare la causa del presunto difetto, né una sua eventuale origine imputabile al venditore). Inoltre, ai fini della denuncia, è considerato idoneo qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati (per esempio, anche il documento di accettazione in officina, in cui dichiara che c’è un difetto e lo descrive per come può, in rapporto alla complessità tecnica dell’oggetto difettoso, che sui veicoli è alta). Quanto sopra la Corte lo desume dall’art. 5 della direttiva europea 1999/44, per come è stato interpretato dalla Corte UE nella sentenza del 4.6.2015 (causa C-497/2013).

Infine, con la pronuncia in commento la Corte ha altresì affermato che “ove la sostituzione o riparazione del bene non siano state impossibili né siano eccessivamente onerose, il consumatore, scaduto il termine congruo per la sostituzione o riparazione, senza che il venditore vi abbia provveduto, ovvero se le stesse abbiano arrecato un notevole inconveniente [n.d.r. al consumatore], può agire per la riduzione del prezzo o per la risoluzione del contratto, pur in presenza di un difetto di lieve entità». E ancora «La riparazione e la sostituzione di un bene non conforme devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore».

 

Avv. Arianna Ruggieri