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  • 10 mag
  • 2022

Prime pronunce sull’impatto della pandemia da COVID-19 sull’obbligazione di promozione dell’agente

1. Introduzione

L‘attività dell’agente di “promuovere […] la conclusione di contratti” [1] non consiste soltanto nella sua “attività tipica” [2], ma anche e soprattutto nella sua “obbligazione principale” [3]. L’adempimento da parte dell’agente dell’obbligazione di promozione si concreta nella “regolare, continua e stabile visita e contatto con la clientela” [4]. Tale “contatto”, di regola, avviene di persona, ma può anche avvenire “nei modi più vari attraverso la pubblicità, il telefono, le reti telematiche […]” [5]. In altri termini, a meno che non sia diversamente stabilito nel contratto di agenzia, l’adempimento dell’obbligazione di promozione può concretarsi anche in modalità diverse dal contatto personale con la clientela.

La pandemia da COVID-19 e le relative misure di contenimento hanno avuto un impatto sui contratti di agenzia [6], in particolare sulla principale modalità di adempimento dell’obbligazione di promozione dell’agente, e cioè sulla possibilità di contatto personale con la clientela [7]. Fermo restando che, nel frangente pandemico, l’agente avrebbe potuto adempiere all’obbligazione tramite la promozione “da remoto tramite telefono o internet” [8], in due recenti pronunce si è tenuto conto dell’impossibilità di adempiere l’obbligazione tramite il contatto personale con la clientela.

2. L’impatto della pandemia sull’obbligazione di promozione

La prima pronuncia è quella resa dalla Corte d’appello di Milano [9]. Nel caso sottoposto alla Corte d’appello, prima dello scoppio della pandemia, le parti avevano concluso un contratto di agenzia. Nell’agosto del 2020, la preponente recedeva dal contratto lamentando un “colpevole disimpegno” dell’agente che sarebbe stato dimostrato da un “allarmante calo di fatturato” nei mesi di giugno e luglio 2020. L’agente contestava l’illegittimità del recesso davanti al Tribunale di Milano, chiedendo di condannare la preponente al pagamento delle indennità di fine rapporto (nonché al risarcimento del danno per la riduzione della clientela). Il Tribunale accoglieva le domande. La preponente quindi proponeva appello. In sede d’appello veniva confermata la pronuncia di primo grado nella misura in cui accertava l’illegittimità del recesso.

In particolare, la Corte d’appello di Milano osservava come la preponente non fosse riuscita a dimostrare il colpevole disimpegno dell’agente né che il calo di fatturato fosse lui imputabile. Piuttosto, la Corte d’appello riteneva che la prima circostanza fosse riconducibile alla pandemia. Infatti, a tal proposito, nella sentenza d’appello si afferma: “L’addebito relativo all’aver ‘effettuato pochissime visite presso la Clientela’ appare, oltre che generico, del tutto inidoneo a configurare giusta causa di recesso, tenuto anche conto che, come già rilevato dal giudice di primo grado, nei mesi in esame la pandemia da Covid-19 aveva drasticamente ridotto ogni contatto sociale, rendendo preferibile e fortemente consigliato – indipendentemente dalla vigenza di misure restrittive della mobilità – ricorrere a strumenti di comunicazione a distanza (quali telefonate, email, videoconferenze), alternativi alle visite presso i clienti”. Quanto al calo di fatturato, nella stessa sentenza si afferma: “[…] la mera comparazione tra il fatturato di giugno e luglio 2020 ed il fatturato degli stessi mesi dell’anno precedente non è significativa, al fine di dimostrare l’inadempimento dell’agente, anche per l’ulteriore ragione che essa non tiene conto della notoria crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19, che ha interessato nel 2020 tutti i settori dell’economia”.

3. (segue): e sul conseguente mancato raggiungimento dei minimi

La seconda pronuncia è quella resa dal Tribunale di Firenze, in un caso relativo contratto di agenzia concluso prima dello scoppio della pandemia, contenente una clausola di fatturato minimo collegata ad una clausola risolutiva espressa. In quel caso, nel primo semestre del 2020, l’agente non raggiungeva il fatturato minimo e, in base alla clausola risolutiva espressa, la preponente quindi riteneva il contratto risolto. Il Tribunale adìto dall’agente riteneva invece che il mancato raggiungimento del minimo non fosse imputabile a quest’ultimo e condannava quindi la preponente a corrispondere le indennità spettanti.

In particolare, nella sentenza del Tribunale di Firenze si afferma: “la presenza di una clausola risolutiva espressa […] rende irrilevante ogni indagine intesa a stabilire se l’inadempimento sia sufficientemente grave da giustificare l’effetto risolutivo, ma non esclude certamente l’indagine volta a verificare la sussistenza e l’imputabilità dell’inadempimento stesso. Costituisce fatto notorio che a partire dal 23 febbraio 2020 […] e fino alla fine del maggio 2020 […] sono state introdotte severe limitazioni agli spostamenti al fine di ridurre il contagio epidemiologico. Appare dunque ragionevole ritenere che, come allegato dal ricorrente, il – pacifico – mancato raggiungimento del fatturato minimo […] sia stato dovuto a forza maggiore, essendo indubitabile che l’agente si sia trovato nella oggettiva impossibilità di promuovere gli affari per circa metà dell’arco temporale (da inizio a fine maggio) preso in esame ai fini della valutazione dell’inadempimento”.

4. Conclusioni

In conclusione, le due pronunce confermano come la pandemia da COVID-19 e le relative misure di contenimento abbiano avuto un impatto sull’obbligazione di promozione dell’agente. Secondo il Tribunale di Firenze, la pandemia avrebbe reso l’adempimento di tale obbligazione oggettivamente impossibile. Invece, più correttamente, secondo la Corte d’appello di Milano, la pandemia avrebbe reso impossibile la principale modalità di adempimento dell’obbligazione, ossia tramite contratto personale con la clientela, ma non anche le modalità “da remoto”. In ogni caso, entrambe le pronunce confermano come la conseguente riduzione di fatturato (e, in particolare, nel caso sottoposto al Tribunale di Firenze, il mancato raggiungimento dei minimi di fatturato), non possa essere imputata all’agente e quindi integrare una giusta causa di recesso da parte del preponente.

 

Avv. Ennio Piovesani, PhD

 

 

Note

[1] L’art. 1742 c.c., rubricato “Nozione”, al co. 1, così recita: “Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. Per inciso, la nozione di agente commerciale di cui alla Direttiva agenti non utilizza l’espressione “promuovere […] la conclusione di contratti”, ma l’espressione “trattare […] la vendita o l’acquisto di merci” (art. 1, par. 2, Direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18/12/1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, G.U.U.E., L 382 del 31/12/1986, pp. 17–21). Come di recente affermato dalla Corte SEE, la Direttiva agenti non definisce l’espressione “trattare” (v. Corte SEE, sent. del 14/12/2021 – causa E-2/21, Norep AS c. Haugen Gruppen, <www.eftacourt.int> [consultato il 31/03/2022], par. 48). Pur riconoscendo che l’espressione non possa essere interpretata in maniera così ampia da includere qualsiasi attività collegata alle vendite, la Corte ha ricordato come la stessa espressione non possa essere interpretata restrittivamente (cfr. Corte SEE, sent. del 14/12/2021 – causa E-2/21, par. 49).

[2] Cit. Bortolotti, Fabio, Contratti di distribuzione, 1a ed. 2016, p. 106.

[3] Cit. Venezia, Alberto/Baldi, Roberto, Il contratto di agenzia, 10a ed. 2020, p. 252 par. VI.2.

[4] Cit. Venezia/Baldi (n. 3), p. 252 par. VI.2.

[5] Cit. Cass., sez. lav., sent. del 12/03/1998, n. 2722, Leggi d’Italia, citata in Venezia/Baldi (n. 3), pp. 252–253 par. VI.2 n. 9. Sul punto è interessante segnalare le conclusioni a cui è giunta la dottrina tedesca in relazione alle modalità di adempimento dell’obbligazione di promozione - o meglio, di mediazione, vermittlung - in capo all’agente ai sensi dell’art. 84 HGB (cfr., sulla trad. del termine vermittlung, Saracini, Eugenio/Toffoletto, Franco, Il contratto di agenzia, 2a ed. 1996, pp. 21–22). Secondo un orientamento, “[i]l modo in cui l’agente influenza il terzo, di solito con visite regolari, ma anche per telefono o via internet […], è lasciato alla sua discrezione, egli è fondamentalmente libero sul punto, ma è generalmente vincolato dalle istruzioni del preponente” (Hopt, in: Hopt [Hrsg.], HGB, 41. Aufl. 2022, HGB § 84 Rn. 22, trad. dell’autore). Invece, secondo un orientamento parzialmente diverso: “L’uso dei moderni mezzi di comunicazione per la presentazione del prodotto, anche oggi, in caso di dubbio, non potrà dispensare l’agente dal contatto personale con il cliente né dal suo continuo supporto attraverso visite personali (Löwisch, in: Ebenroth/Boujong/Joost/Strohn [Hrsg], HGB, 4. Aufl. 2020, § 84 HGB Rn. 112, trad. dell’autore).

[6] V., sul punto, Romano, Attilio, Covid-19. Agenti e ritardi nei pagamenti: è sempre possibile invocare la forza maggiore?, Agenti & Rapp. 2021, 2, 5; Calabrese, Alberto, Coronavirus e i contratti di agenzia. Le diverse problematiche sorte a causa della pandemia, Agenti & Rapp. 2020, 4, 3; Mogorovich, Sergio, L’agente nel vortice del Covid-19, 2020, 2, 13.

[7] Sulla (im)possibilità, per gli agenti e rappresentanti, di effettuare spostamenti nel frangente pandemico, v. Mogorovich, Agenti & Rapp. 2020, 2, 13, 13.

[8] Cit. Calabrese, Agenti & Rapp. 2020, 4, 3.

[9] App. Milano, sez. lav., sent. del 07/02/2022, n. 1622 <https://pdatorino.it>. Per una sintesi in tedesco, si consenta di rinviare a Piovesani, Ennio, Die Folgen der COVID-19-Pandemie für den Handelsvertretervertrag: OLG Mailand, Urt. V. 7.2.2022, Nr. 1622, <https://anwalts-kooperation.de> 06/03/2022, consultato il 31/03/2022.

[10] Trib. Firenze, sez. lav., sent. del 29/07/2021, n. 575, De Jure.