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  • 27 set
  • 2020

Nozione di agente commerciale: confronto tra la giurisprudenza francese ed europea alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 giugno 2020 (causa C-828/2018)

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza francese, un soggetto incaricato della promozione di prodotti e/o servizi in cambio di una provvigione non può beneficiare della qualifica di agente commerciale (e dei diritti connessi, tra i quali, in particolare, il diritto all’indennità di fine rapporto), se non ha il potere di negoziare prezzi/sconti e condizioni di vendita/acquisto/servizio per conto del preponente. In buona sostanza, dal 2000 in avanti i giudici francesi hanno ritenuto che il soggetto, che si limita a ricercare potenziali clienti per conto del preponente, senza però disporre di alcun potere negoziale sugli elementi del contratto (bensì limitandosi ad applicare rigorosamente i prezzi e le condizioni di vendita/acquisto fissati dal preponente), non è qualificabile come agente commerciale e, di conseguenza, non beneficia del regime di protezione previsto dalla direttiva UE 86/653 (cfr. tra le tante Corte Suprema francese, sezione commerciale, 3 ottobre 2000, n. 97-19999; 6 marzo 2001; 20 gennaio 2015, n. 13-24231; Corte d'Appello di Versailles, 23 aprile 2020, n. 18/08750).

Tuttavia, recentemente, il Tribunale commerciale di Parigi si è interrogato sulla correttezza di tale orientamento, ed ha sottoposto alla Corte di Giustizia europea la seguente questione pregiudiziale: “se un intermediario indipendente che agisce in nome e per conto del mandante senza poteri di modificare tariffe e condizioni contrattuali dei contratti di vendita possa essere qualificato come agente commerciale e beneficiare dello status previsto dalla direttiva UE 86/653”.

La controversia riguardava un produttore francese ed un intermediario francese tra i quali, sin dal 2003, era in corso un rapporto commerciale non regolato da contratto scritto, nel quale l’intermediario promuoveva le vendite dei prodotti del produttore in tutta la Francia (eccetto la Corsica), in cambio del pagamento di una commissione sulle vendite concluse.

Dopo diversi anni, nel marzo 2016, a causa del calo delle vendite, il produttore poneva fine al rapporto.

L’intermediario contestava il recesso operato dal produttore, adiva il Tribunale francese competente e, qualificandosi come agente commerciale, richiedeva la corresponsione dell’indennità di fine rapporto di cui alla direttiva UE 86/653.

La difesa del produttore si fondava sull’interpretazione restrittiva della nozione di agente data dalla costante giurisprudenza francese sopra richiamata. In pratica, il produttore eccepiva che il contratto intercorso non poteva essere qualificato come contratto di agenzia, poiché l’intermediario non disponeva del potere di modificare le condizioni di vendita, né tantomeno i prezzi dei prodotti. 

Come anticipato, il Tribunal de Commerce de Paris ha preferito sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale di cui sopra, chiedendo in particolare come dovesse essere interpretato il termine “trattare” contenuto nell’art. 1, par. 2 della direttiva in questione. 

Siccome la direttiva non fornisce una definizione della locuzione “trattare”, la sua portata ed il suo significato sono stati determinati dalla Corte comunitaria mediante l’analisi dei termini che, nelle altre versioni linguistiche dell’articolo 1, par. 2 della direttiva, sono stati usati per definire il medesimo concetto. Ad esempio, pur essendo vero che la maggior parte delle versioni linguistiche dell’art. 1, par. 2 della direttiva, utilizza termini che possono essere tradotti con “trattare”, nelle versioni tedesca e polacca viene utilizzato un termine più ampio traducibile con la locuzione “fungere da intermediario”, che dunque non implica il concetto di trattare e/o negoziare.

Dall’analisi linguistica operata dalla Corte è emerso, dunque, che l’art. 1 della Direttiva CE n. 86/653 non richiede necessariamente che l’agente commerciale possa fissare egli stesso il prezzo delle merci di cui promuove la vendita per conto del preponente. Anzi, da un’accurata analisi della direttiva, risulta che la circostanza che un agente non disponga della facoltà di modificare i prezzi dei prodotti di cui assicura la vendita, non impedisce allo stesso di svolgere i suoi compiti principali che, ai sensi dell’art. 4, par. 3, e dell’art. 17, par. 2, lett. a) della direttiva, consistono nel procurare nuovi clienti al preponente e nello sviluppare gli affari con i clienti esistenti.

In secondo luogo, un’interpretazione restrittiva dell’art. 1, par. 2 della direttiva, nel senso di escludere dalla qualifica di agente commerciale i soggetti che non dispongono della facoltà di modificare i prezzi dei prodotti, sarebbe contraria agli obiettivi della direttiva medesima, poiché limiterebbe la portata di tutela che la direttiva intende, invece, offrire agli agenti commerciali nelle loro relazioni con i preponenti. 

In conclusione, nel rispondere al quesito postole, la Corte di Giustizia ha affermato che una persona non deve necessariamente disporre della facoltà di modificare i prezzi delle merci di cui promuove la vendita per conto del preponente per essere qualificata come agente commerciale.

 

Avv. Arianna Ruggieri