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  • 23 set
  • 2025

Estensione al franchisor della responsabilità del franchisee/committente per il pagamento di retribuzioni e contributi ai lavoratori dipendenti del suo sub-appaltatore

La normativa italiana posta a tutela dei lavoratori subordinati ha introdotto da tempo un principio di “solidarietà” nei contratti di appalto (e sub-appalto), che rende l’appaltante/cliente responsabile in solido con l’appaltatore per il pagamento della retribuzione e dei contributi previdenziali dovuti dall’appaltatore (e da eventuali subappaltatori) ai propri lavoratori subordinati.

In particolare, l’art. 29, secondo comma, del Decreto Legislativo 276/2003 così dispone:

“In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. (..)”

La Corte Costituzionale italiana in una importante sentenza del 2017 (n. 254/17), ha affermato che la tutela garantita dalla norma in esame ai dipendenti dei “subappaltatori”, debba interpretarsi nel senso di estendersi anche ai dipendenti dei “subfornitori”.

Il contratto di subfornitura è definito dalla legge specifica ad esso dedicata (Legge 192/1998) nei termini seguenti:

“Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente.”

In buona sostanza, il subfornitore si trova in una posizione molto simile a quella del subappaltatore, ma è caratterizzato anche da una “dipendenza tecnologica” dal suo committente che lo pone in una posizione di maggior debolezza rispetto al subappaltatore. Si noti, infatti, che la legge sulla subfornitura (Legge 192/1998) contiene un’espressa disciplina, all’art. 9, sull’abuso di dipendenza economica, nozione che viene anche applicata ad altre tipologie contrattuali, ma che appunto è stata prevista e disciplinata proprio per tutelare il subfornitore, data la sua posizione di debolezza.

La Corte Costituzionale, quindi, nella sentenza n. 254/17 sopra citata, analizzando l’estensibilità dell’applicazione dell’art. 29, secondo comma, dall’appaltatore/subappaltatore al subfornitore conclude sul punto affermando che, a prescindere dalla qualificazione del contratto di subfornitura come equivalente o come “sottotipo” dell’appalto, o invece, come contratto diverso,

“la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente - che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale -  non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell'art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.

In tal senso venendo anche in rilievo (..) la considerazione che le esigenze di tutela dei dipendenti dell'impresa subfornitrice, in ragione della strutturale debolezza del loro datore di lavoro, sarebbero da considerare ancora più intense e imprescindibili che non nel caso di un "normale" appalto.”

Quindi, in buona sostanza, il principio di solidarietà posto a tutela dei lavoratori dipendenti nelle ipotesi di decentramento produttivo, previsto dalla legge in capo al committente dell’appaltatore, deve includere (a valle) non solo le ipotesi di subappalto (espressamente previste dalla norma) ma anche di subfornitura (secondo questa interpretazione della Corte Costituzionale), per tutelare i lavoratori dipendenti dei subfornitori, che si trovano in condizioni ancor più precarie rispetto ai dipendenti del subappaltatore e dell’appaltatore.

In quattro recenti sentenze emesse dalla Corte d’Appello di Torino rispettivamente il 24/2/2025 (n. 87 e n. 99), il 6/3/2025 (n. 90) e il 13/3/2025 (n. 98), è stata confermata l’applicazione di tale principio di “solidarietà” anche al contratto di franchising, estendendo la responsabilità prevista dall’art. 29, secondo comma, in capo al committente, anche al franchisor del committente/franchisee.

In particolare, le controversie in esame concernevano contratti di franchising aventi ad oggetto la prestazione di servizi di trasporto e logistica. In tale contesto, alcuni autisti (corrieri), non avendo ricevuto il pagamento delle proprie retribuzioni, contributi ecc., agivano non solo nei confronti del proprio datore di lavoro (società “A appaltatrice”), ma anche della società che aveva appaltato tali servizi al loro datore (società “B committente”) ed, infine, nei confronti della società “C franchisor”, franchisor della società “B committente/franchisee”.

Nelle quattro sentenze di primo grado, il Tribunale di Ivrea aveva ravvisato nel contratto di franchising - che nella fattispecie prevedeva lo svolgimento da parte dei franchisee di attività di trasporto, trasporto espresso e logistica in via esclusiva in una determinata zona - la causa tipica dell’appalto, seppure unita a quella del franchising. Di conseguenza, anche alla luce dell’interpretazione estensiva data dalla Corte Costituzionale all’art. 29, secondo comma, sopra citata (Corte Cost. n. 254/17), il Tribunale aveva ritenuto applicabile il vincolo di solidarietà anche al franchisor.

Nelle quattro sentenze che qui si commentano, la Corte d’Appello di Torino sostanzialmente conferma le decisioni del Tribunale di primo grado.

In particolare la Corte, pur rilevando la netta distinzione tra contratto di appalto e contratto di franchising, riferendosi alla sentenza della Corte Costituzionale sopra citata, afferma che non si debba effettuare un’analisi giuridica ma un’analisi economica del rapporto contrattuale e riporta alcuni estratti della sentenza della Corte Costituzionale n. 254/17; in particolare:

“la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente (..) è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale” con la conseguenza che “la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento”. (V. sentenza n. 90 del 6/3/2025, p. 6).

Passando poi ad analizzare il contratto di franchising, la Corte d’Appello, rileva che il franchisee, pur essendo un soggetto giuridicamente autonomo dal franchisor, “è però del tutto privo di autonomia produttiva, poiché (..) utilizza i segni distintivi del franchisor ed è tenuto ad organizzare la propria impresa secondo le indicazioni di questo.” (V. sentenza n. 90 del 6/3/2025, p. 7; sentenza n. 98 del 13/3/2025, p.4; sentenza n. 99 del 24/2/2025, p. 5).

La Corte poi afferma nelle quattro sentenze che, da una parte, le possibilità di guadagno del franchisee dipendono dalla sua permanenza all'interno della rete del franchisor e, dall'altra, il franchisor trae indirettamente vantaggio dalle prestazioni fornite dai lavoratori (dipendenti dell’appaltatore del franchisee), considerato che sono questi ultimi ad eseguire l'attività di trasporto che costituisce proprio l'oggetto dell'attività di impresa offerto, utilizzando il know-how del franchisor ed i suoi segni distintivi.

Pertanto, in maniera esplicita solo in una delle sentenze in esame, ma implicitamente anche nelle altre, la Corte ravvisa una “dipendenza economica” del franchisee rispetto al franchisor per poi concludere che nei casi in esame ricorra una situazione di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa tale da giustificare l'applicazione del principio di solidarietà di cui all'art. 29 sopra citato.

Pur comprendendo l’intento di tutelare il lavoratore subordinato, si rileva come le sentenze qui in commento siano criticabili in quanto, ad avviso di chi scrive, non applicano correttamente i principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 254/17.

Infatti, come sopra spiegato, la Corte Costituzionale ha voluto estendere “a valle” la tutela prevista per i lavoratori dipendenti.

In particolare, l’art. 29, secondo comma, D.Lgs. 276/2003 tutela espressamente i dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore mediante l’estensione della responsabilità per il pagamento delle loro retribuzioni contributi ecc. (in capo al loro datore di lavoro/appaltatore), anche al committente di quest’ultimo. La Corte Costituzionale ha esteso tale protezione anche ai dipendenti del subfornitore, sostanzialmente ponendoli nella stessa posizione dei dipendenti del subappaltatore e dell’appaltatore, giudicando la loro posizione ancor più precaria di quella dei dipendenti del subappaltatore e dell’appaltatore.

Il Tribunale di Ivrea e la Corte d’Appello di Torino, invece, nelle sentenze che qui si commentano, hanno esteso la responsabilità del committente “a monte” ossia al franchisor del committente/franchisee, sebbene tale estensione di responsabilità non si ravvisi neppure implicitamente nel testo della norma di legge, né sia stata evocata in alcun modo dalla sentenza della Corte Costituzionale, alla quale fanno riferimento.

Le sentenze della Corte d’Appello di Torino, con ragionamenti non condivisibili, tentano di ravvisare una dipendenza economica del franchisee rispetto al franchisor nei casi in esame (peraltro in contrasto con la giurisprudenza dominante e consolidata che, invece, la esclude proprio in ragione delle alternative che i franchisee possono normalmente reperire sul mercato), per poi procedere ad una estensione di responsabilità appunto “a monte”, del tutto ingiustificata sia da un punto di vista giuridico che economico.

In tali circostanze, si auspica che la questione venga portata davanti alla Corte di Cassazione, per una più attenta e corretta analisi della questione.

 

Avv. Silvia Bortolotti