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  • 16 giu
  • 2023

Corte di Giustizia Europea 24.11.2022, Caso C-574/21, QT/02 Czech Republic A.S. - Come considerare le provvigioni una tantum (one off) per il calcolo dell'indennità di clientela?

1. Introduzione

Con la sentenza che si commenta la Corte di giustizia si è pronunciata su di una questione abbastanza particolare presentatasi nel contesto dell’interpretazione dell’art. 17 della Direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1968 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, e cioè l’impatto delle provvigioni una tantum sul calcolo dell’indennità di clientela prevista da tale norma. 

Il caso portato davanti alla Corte può essere riassunto nei termini seguenti.

QT (agente) and 02 Czech Republic (preponente) stipularono un contratto di agenzia per l’offerta e la vendita di servizi di telecomunicazioni forniti da tale società, la fornitura e la vendita di telefoni cellulari, di loro accessori e di eventuali altri prodotti e servizi di assistenza agli abbonati.

Il contratto prevedeva il pagamento di una provvigione una tantum per ciascun contratto concluso dall’agente. Per quanto riguarda i successivi contratti con i clienti portati dall’agente, lo stesso aveva diritto alla provvigione solo sui contratti negoziati da lui stesso; nessuna provvigione gli spettava sui contratti stipulati direttamente dal preponente o da altri agenti dello stesso. 

Questa soluzione contrattuale comporta una deroga all’art. 7(1)(b) della Direttiva che prevede il diritto dell’agente alla provvigione per un’operazione commerciale conclusa durante il con­tratto di agenzia,

« ...quando l'operazione è stata conclusa con un terzo che egli aveva precedentemente acquisito come cliente per operazioni dello stesso tipo».

La Corte ha chiarito nella sentenza Rigall v. Bank Handlowy del 13-10-2022, C-64/21, che tale disposizione non è imperativa, precisando in particolare che:

« ... L’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, deve essere interpretato nel senso che: si può derogare mediante contratto al diritto che tale disposizione conferisce all’a­gente commerciale indipendente di riscuotere una provvigione per l’operazione conclusa, durante il contratto di agenzia, con un terzo che tale agente aveva precedentemente acquisito come cliente per operazioni dello stesso tipo».

Quando, dopo la fine del contratto, l’agente iniziava un’azione davanti al tribunale di Praga per il pagamento dell’indennità, il preponente obiettava che la previsione di una provvigione una tantum non consentiva di riconoscere l’indennità in quanto tale forma di remunerazione: (a) non comporta­va sostanziali vantaggi al preponente, come richiesto dall’art. 17 della Direttiva, e (b) non implicava per l’agente una perdita di provvigioni, condizione che sarebbe richiesta dallo stesso art. 17.

Il Tribunale e la Corte d’appello di Praga rigettavano la domanda dell’agente, e quest’ultimo portava la questione davanti alla Corte Suprema, sostenendo che l’agente aveva diritto all’indennità nono­stan­te che la remunerazione prevista fosse una provvigione una tantum, dal momento che tale tipo di remunerazione non escludeva il diritto all’indennità basato sugli affari che l’agente avrebbe potuto concludere in futuro nel caso ipotetico di una continuazione del rapporto.

Il preponente, invece, sosteneva che l’indennità andava calcolata sulle provvigioni perse dall’agente, ritenendo però (erroneamente, come vedremo in seguito) che tale termine andasse riferito alle provvigioni su affari promossi durante il contratto, ma conclusi in un momento successivo alla sua cessazione.

La questione veniva portata davanti alla Corte Suprema che decideva di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

1)  Se l’espressione “provvigioni che l’agente commerciale perde”, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), secondo trattino, della [direttiva 86/653], debba essere interpretata nel senso che costituiscono tali provvigioni anche le provvigioni per la conclusione di contratti che l’agente di commercio avrebbe stipulato se il [contratto] di agenzia commerciale fosse proseguito con i clienti da lui procurati al preponente o con i quali ha sensibilmente sviluppato gli affari.

2) In caso di risposta affermativa, a quali condizioni tale conclusione si imponga anche per quanto riguarda le cosiddette provvigioni una tantum per la conclusione di un contratto.»

 

2. La prima questione: se il termine provvigioni perse dall’agente vada riferito alle provvigioni che l’agente avrebbe percepito nel caso ipotetico di prosecuzione del rapporto

La Corte europea rispondeva alla prima questione come segue:

L’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, deve essere interpretato nel senso che:

 ... le provvigioni che l’agente commerciale avrebbe percepito in caso di prosecuzione ipotetica del contratto di agenzia, per le operazioni che sarebbero state concluse, dopo l’estinzione di tale contratto di agenzia, con i nuovi clienti che egli ha procurato al preponente prima di tale estinzione, o con i clienti con i quali egli ha sensibilmente sviluppato gli affari prima di detta estinzione, devono essere prese in considerazione nella determinazione dell’indennità prevista all’articolo 17, paragrafo 2, di detta direttiva..

Pertanto, la Corte chiariva che l’art. 17(2)(a) della Direttiva 86/653 si riferisce alle provvigioni che l’agente avrebbe ricevuto sui contratti conclusi con la clientela sviluppata dall’agente prima della cessazione del contratto nel caso ipotetico di una continuazione del rapporto. La Corte rigettava quindi implicitamente la teoria secondo cui il termine «provvigioni perse» andasse riferito a prov­vi­gioni su affari promossi durante il contratto, ma conclusi e/o eseguiti dopo la fine dello stesso.

Per una migliore comprensione di questa problematica è opportuno analizzare l’origine della nozione di «provvigioni perse» nel contesto del norma originaria che introduceva l’indennità di clientela nell’ordinamento tedesco, e cioè il § 89b del Codice di commercio (HGB) da cui trae spunto l’art. 17(2)(a) della Direttiva, sia pure introducendo alcune sostanziali modifiche, specialmente per quanto riguarda la questione in esame.

Il § 89b HGB, nella sua versione iniziale, stabilisce che l’agente ha diritto ad un’indennità appropriata, se e nella misura in cui:

1) il preponente ottenga, anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, notevoli vantaggi dagli affari con i nuovi clienti procurati dall’agente;

2) l’agente perda, in seguito alla cessazione del rapporto, delle provvigioni che gli sarebbero spettate su affari già conclusi o da concludersi in futuro con tali clienti;

3) il pagamento dell’indennità sia equo, in considerazione di tutte le circostanze del caso.

Questa versione diverge dal testo adottato poi dalla direttiva su due punti essenziali:

- la perdita di provvigioni costituisce un requisito necessario per ottenere l’indennità;

- per il diritto all’indennità si considerano sia le provvigioni su affari già conclusi sia quelle su futuri affari che si sarebbero conclusi se il rapporto fosse continuato.

Infatti, l'art. 17(2)(a) della direttiva riconosce il diritto all'inden­nità se e nella misura in cui l’agente:

- abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente abbia ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;

- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l'agente commerciale perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

Pertanto, le condizioni richieste dalla direttiva per il diritto dell’agente all’indennità sono:

(i) che l’agente abbia procurato al preponente nuovi clienti (o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con quelli esistenti),

(ii) che il preponente continui a derivare sostanziali vantaggi dagli affari con tali clienti, e

(iii) che il pagamento dell’indennità sia equo tenuto conto di tutte le circostanze del caso e in particolare delle provvigioni che l’agente perde in relazione agli affari con tali clienti.

La mancata corrispondenza dell’art. 17(a) della direttiva al § 89b HGB ha costretto il legislatore tedesco a modificare il testo del § 89b, con effetto dal 5 agosto 2009, per adeguarlo alla stessa. Il nuovo art. 89b prevede che le provvigioni perse dall’agente costituiscano solo uno degli elementi da tener presente nel valutare la corrispondenza ad equità dell’indennità e la sua incidenza sulla determinazione dell’ammontare della stessa.

Occorre però tener presente che il ruolo centrale assunto dalle «provvigioni perse» dall’agente nella norma originaria tedesca ha portato la giurisprudenza di tale paese a «costruire» un sistema di calcolo dell’inden­nità basato sulle «provvigioni perse», attraverso una simulazione delle provvigioni che l’agente avreb­be verosi­mil­mente guadagnato nei primi anni successivi alla fine del contratto (che costituireb­bero quindi una perdita di futuri benefici in seguito alla cessazione del rapporto di agenzia).

Si riporta qui un riassunto schematico del sistema di calcolo tedesco, tuttora utilizzato nel contesto del § 89b HGB attualmente in vigore.

Il sistema “tedesco” di calcolo dell’indennità

Questo sistema si basa sull’idea che si debbano considerare, per la determinazione dell’ammontare dell’indennità, le provvigioni che l’agente avrebbe percepito sui clienti da lui apportati, se il rapporto fosse continuato per un periodo ragionevole.
 
1. Si individuano anzitutto le provvigioni percepite dall’agente negli ultimi dodici mesi del rapporto con clienti «utili» al fine del calcolo, e cioè i clienti «nuovi» apportati dall’agente, di cui sia prevedibile che possano continuare a rifornirsi presso il preponente.
 
2. Rispetto a queste provvigioni si calcola, secondo criteri presuntivi (in base ad una percentuale ipotetica, la c.d. Abwanderungsquote, corrispondente ai clienti che si presume abbandonino il preponente in futuro) di quanto tali provvigioni dovrebbero ridursi negli anni successivi.
 
3. Su tale base si determina un ammontare ipotetico di provvigioni che l’agente avrebbe maturato (relativamente ai clienti di cui al punto 1) su un periodo di 3-4 anni.
 
4. Successivamente, si valuta se tale cifra corrisponda ad equità o se la stessa non vada piuttosto ridotta in relazione a particolari circostanze, ad es. perché l’agente è stato poco diligente, oppure perché il successo dei prodotti è dovuto in larga misura alla pubblicità del preponente.
 
5. Da questa cifra si deducono poi gli interessi sul periodo considerato per calcolare la perdita delle provvigioni, in modo da tener conto del fatto che l’agente riceverà subito (come indennità) le somme che avrebbe altrimenti guadagnato in un momento successivo (come provvigione).
 
6. Infine si confronta la cifra finale così ottenuta con il massimo di un anno di provvigioni sulla media degli ultimi cinque (questo calcolato su tutte le provvigioni, non solo su quelle con i nuovi clienti): se la cifra ottenuta è inferiore al tetto massimo, si applicherà tale cifra; ove invece la superi, l’indennità corrisponderà al tetto massimo.

 

Tornando al caso oggetto della sentenza che si commenta, è probabile che la posizione assunta dai giudici di merito cechi, che hanno configurato le “provvigioni perse” come provvigioni su affari promossi prima della fine del contratto, ma conclusi e/o eseguiti successivamente, sia stata influenzata dalla corrispondente norma tedesca originaria. In particolare, può essere rilevante il fatto che il § 89b HGB faceva riferimento sia alle provvigioni su affari già conclusi, sia a quelle su futuri contratti che l’agente avrebbe potuto promuovere con riferimento alla clientela dallo stesso sviluppata.

Nella Direttiva, però, le due ipotesi - contratti conclusi prima della fine del rapporto e contratti che sarebbero stati conclusi in futuro nel caso ipotetico in cui il rapporto fosse continuato -  sono nettamente distinte: la prima è disciplinata dall’art. 8 e la seconda dall’art. 17 della Direttiva.

Non può quindi esserci alcun dubbio che la nozione di provvigioni perse di cui all’art. 17 riguarda esclusivamente le provvigioni su affari che sarebbero verosimilmente stati conclusi dall’agente nel caso ipotetico di una continuazione del rapporto.

Ciò è confermato in modo inequivocabile dalla Corte di giustizia che afferma, al paragrafo 60 della sentenza, che, nella determinazione  l’indennità dovuta all’agente, devono essere prese in considerazione:

« ... le provvigioni che l’agente commerciale avrebbe percepito in caso di prosecuzione ipotetica del contratto di agenzia, per le operazioni che sarebbero state concluse, dopo l’estinzione di tale contratto di agenzia, con i nuovi clienti che egli ha procurato al preponente prima di tale estinzione, o con i clienti con i quali egli ha sensibilmente sviluppato gli affari prima di detta estinzione».

 

3. La seconda questione: l’impatto delle provvigioni una tantum sul calcolo dell’indennità

Nel caso in cui l’agente non maturi alcun diritto a provvigione su futuri affari con i clienti apportati, le provvigioni non gli spetterebbero neppure nel contesto di un’ipotetica prosecuzione del rapporto. I clienti remunerati con la provvigione una tantum apparterrebbero definitivamente al preponente che non sarebbe tenuto, nel caso ipotetico di una continuazione del rapporto, a remunerare l’agente su futuri affari con tali clienti.

Tuttavia, questa non è  la situazione che si verificherebbe nel caso oggetto della sentenza commentata.

Infatti, dobbiamo tener presente che nel contratto tra QT e 2002 Czech Republic il diritto alla provvigione è escluso solo per i contratti conclusi direttamente dal preponente senza l’intervento dell’agente, mentre l’agente ha comunque diritto alla provvigione sugli affari da lui promossi.

È quindi ragionevole assumere che, nel caso ipotetico di una continuazione del rapporto, l’agente continuerebbe a promuovere gli affari con tali clienti ricevendo una provvigione sugli stessi e che, quindi, vi sarebbe una «perdita di provvigioni» da considerare per il calcolo dell’indennità.

Ne discende che il problema dell’impatto delle provvigioni una tantum sul calcolo dell’indennità si presenterebbe comunque, sia pur limitatamente agli affari promossi dall’agente (e non per quelli conclusi direttamente dal preponente). Solo nel caso estremo (ed invero piuttosto improbabile) che sia esclusa qualsiasi remunerazione sugli ipotetici futuri contratti, non potrebbe esserci una perdita di provvigioni nell’ipotesi di una continuazione del con­tratto.

L'avvocato generale Čapeta ha affrontato la questione affermando (al paragrafo 89 delle conclusioni) che:

« ... solo ove i pagamenti di provvigioni concordate nel contratto fossero pagamenti di provvigioni una tantum di tipo tale per cui l’agente veniva già retribuito per i vantaggi futuri che il preponente avrebbe continuato ad avere dalla clientela procurata dall’agente, allora esse non rappresenterebbero provvigioni perdute.»

per poi concludere che,

« ... ciò non significa, tuttavia, che l’agente non abbia diritto al pagamento di un’indennità, dato che le provvigioni perdute sono solo uno degli elementi che determinano il carattere equo di tale pagamento».

La Corte ha confermato in termini generali tale conclusione, precisando che l’art. 17(2)(a) della Direttiva va interpretato nel senso che, per la determinazione dell’indennità, devono essere prese in considerazione:

« ... le provvigioni che l’agente commerciale avrebbe percepito in caso di prosecuzione ipotetica del contratto di agenzia, per le operazioni che sarebbero state concluse, dopo l’estinzione di tale contratto di agenzia, con i nuovi clienti che egli ha procurato al preponente prima di tale estinzione, o con i clienti con i quali egli ha sensibilmente sviluppato gli affari prima di detta estinzione».

Infine, la Corte ha precisato che le «provvigioni che l’agente perde»,

« ... costituiscono solo uno dei vari elementi da prendere in considerazione per valutare il carattere equo dell’indennità. La scelta di un certo tipo di provvigione, come, ad esempio, delle provvigioni una tantum, non può quindi rimettere in discussione il diritto all’indennità previsto da detta disposizione»,

e che, quindi,

« ... il versamento di provvigioni una tantum non esclude dal calcolo dell’indennità, prevista da tale articolo 17, paragrafo 2, le provvigioni che l’agente commerciale perde e che risultano dalle operazioni realizzate dal preponente, dopo l’estinzione del contratto di agenzia commerciale, con i nuovi clienti che l’agente commerciale gli ha procurato prima di tale estinzione, o con i clienti con i quali quest’ultimo ha sensibilmente sviluppato gli affari prima di detta estinzione, quando tali provvigioni corrispondono a remunerazioni forfettarie per ogni nuovo contratto concluso con tali nuovi clienti, o con i clienti esistenti del preponente, con l’intermediazione dell’agente commerciale».

In altri termini, neppure nella situazione «estrema» in cui l’agente non dovesse perdere alcuna provvigione in caso di un’ipotetica continuazione del rapporto, verrebbe meno il diritto all’indennità, in quanto la perdita di provvigioni non costituisce una condizione necessaria per l’ottenimento dell’indennità e per la determinazione del suo ammontare, ma solo uno degli elementi da considerare a tal fine.

Ciò costituisce una differenza sostanziale rispetto all’indennità «tedesca» nella sua formulazione originaria, ed è per questa ragione che è stato necessario modificare il § 89b HGB per adeguarlo alla Direttiva.

Quanto sopra non esclude la rilevanza delle provvigioni perse per il calcolo dell’indennità, ma l’importanza di tale aspetto sarà valutata discrezionalmente dai tribunali in sede di determinazione secondo equità del suo ammontare.

4. Conclusioni: i criteri per determinare l’ammontare dell’indennità

Con la sentenza QT/Czech Republic la Corte di giustizia ha confermato che la perdita delle provvigioni costituisce solo uno degli elementi da considerare per determinare l’ammontare dell’indennità ai sensi dell’art. 17(2) Del­la direttiva, e che la sua importanza non dev’essere sovrastimata. Infatti, anche nel caso estremo in cui, nel contesto di una ipotetica continuazione del rappor­to, l’agente non avrebbe subito alcuna perdita di provvigioni, ciò non escluderebbe il diritto dell’agente all’indennità, potendo al massimo incidere sulla deter­mi­na­zione del suo ammontare.

Questo aspetto è importante, se consideriamo che in passato è stata sostenuta la tesi secondo cui, nell’applicare la norma della direttiva basata sul diritto tedesco, si dovrebbe ricorrere al metodo di calcolo elaborato dalla giurisprudenza di tale paese. Così, ad esempio, nella sua «Relazione dell’art. 17 della direttiva del Consiglio relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti» del 23 luglio 1996, la Commissione europea sembrava dar per scontato che, nel contesto delle leggi nazionali che avevano adottato il «modello tedesco», si do­ves­se effettuare il calcolo del suo ammontare secondo i principi sviluppati dalla giurisprudenza di tale paese.

A parte il fatto che si tratta di un metodo inutilmente complicato la cui corretta applicazione presup­pone una conoscenza approfondita della giurisprudenza tedesca sviluppatasi negli anni, non v’è alcuna ragione che possa giustificarne l’applicazione fuori dall’ordinamento di tale Paese.

Anzitutto, va tenuto presente che il sistema di calcolo tedesco prende lo spunto dal testo originale del § 89b nel cui ambito le provvigioni perse costituivano un requisito necessario dell’indennità. È ben vero che la giurisprudenza tedesca ha continuato a seguire questa impostazione anche dopo l’adeguamento del § 89b alla Direttiva, ma ciò non costituisce una ragione per estenderne l’applica­zio­ne fuori dall’ordinamento di tale Paese. Del resto, visto che la norma in vigore prevede una valutazione equitativa senza porre limiti particolari, è evidente che non avrebbe senso vincolare i giudici di altri Paesi riguardo alle modalità di della valutazione equitativa della spettanza e dell’ammontare dell’indennità.

Del resto, vediamo come nel decidere l’ammontare equo dell’indennità, i giudici dei vari Paesi  ten­dano ­a considerare, oltre allo sviluppo del fatturato dell’agente, risultante dalle provvigioni gua­dagnate nel corso del rapporto, tutta una serie di ulteriori circo­stanze, quali, ad esempio: la durata del rapporto, la notorietà del prodotto, gli sforzi pro­mo­zionali messi in opera dall’agente, ecc.

In tal modo i tribunali chiamati a decidere sull’ammontare dell’indennità vengono a disporre di un’am­pia discrezionalità, il che comporta inevitabilmente una minore prevedibilità del risultato finale. Al tempo stesso, però, questa impostazione permette di giungere a soluzioni in grado di effettuare un bilanciamento di  tutte le circostanze rilevanti nel determinare secondo equità l'am­montare dell'in­dennità.

È quindi da approvare la scelta fatta a suo tempo dal legislatore comunitario di “declassare” le «provvigioni perse» da requisito indispensabile a una delle circostanze da considerare nella deter­mi­nazione dell’indennità e la conseguente decisione della Corte di giustizia di riconoscere il diritto all’in­dennità anche nel caso in cui l’agente non subisca – nel contesto della simulazione di una con­ti­nua­zione del rapporto ­– alcuna perdita di provvigioni su affari remunerati una tantum. Si tratta, per la verità, di una situazione molto particolare che non si verifica quasi mai nella realtà (in quanto, come abbiamo visto sopra, l’agente continuerebbe di regola comunque a percepire la provvigione sugli affari da lui promossi), ma l’affermazione del principio che può esserci indennità anche senza perdita di future provvigioni costituisce comunque un chiarimento importante per l’interpretazione dell’art. 17(b) della Direttiva europea.   

 

Prof. Avv. Fabio Bortolotti