Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la Cookies Policy.

Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

 
  • 1 apr
  • 2020

COVID-19 e forza maggiore nei contratti interni ed internazionali

L’emergenza causata dall’epidemia COVID-19 ha un evidente impatto sull’esecuzione dei contratti nazionali ed internazionali in corso. 

Le aziende hanno urgenza di capire, ad esempio, se ed in che misura l’eventuale inadempimento o ritardo nell’adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali possa considerarsi giustificato dalle circostanze e restrizioni loro imposte a causa della pandemia, ovvero se la “forza maggiore” eventualmente invocata dalle loro controparti possa giustificare una sospensione della prestazione o l’imposizione unilaterale di nuove tempistiche da parte loro.

In linea di principio, l’epidemia da coronavirus costituisce senz’altro un evento imprevedibile e non imputabile a nessuna delle parti, ma ciò non comporta automaticamente il ricorrere della c.d. forza maggiore, con conseguente esonero da responsabilità, in qualsiasi contesto. Al contrario, è necessario esaminare ogni situazione, caso per caso.

La prima valutazione da fare riguarda il contratto. Occorre vedere se sia stato concluso un contratto scritto che disciplini nello specifico la c.d. forza maggiore e, nel caso, analizzare con attenzione la relativa clausola, al fine di stabilire se essa possa applicarsi alla prestazione contrattuale considerata. In tale contesto si dovrà poi verificare quali siano le condizioni per l’operatività della clausola (tipicamente: (i) l’imprevedibilità dell’evento; (ii) che esso sia fuori dalla sfera di controllo della parte che lo invoca; e (iii) che la prestazione sia resa, a seconda dei casi, impossibile / non ragionevolmente eseguibile / impedita ecc.); se siano previste tempistiche specifiche per notificare tale circostanza alla controparte; quali siano le conseguenze dell’eventuale sospensione della prestazione ecc.

Sotto questo profilo, occorre considerare che vi sono tante diverse clausole di forza maggiore utilizzate nei contratti e che, data la scarsa applicazione di tale clausola (fino ad oggi), spesso le parti non avranno posto molta attenzione alla redazione della stessa; mentre i dettagli della clausola in questo momento diventano essenziali.

Inoltre, la valutazione del contenuto della clausola andrà fatta alla luce della legge applicabile al contratto ed anche considerando quale giudice (o arbitro) dovrà interpretarla e decidere, in caso di controversia; tale ultimo aspetto rileva non solo per sapere a priori che tipo di approccio interpretativo potrà avere l’organo giudicante (gli arbitri internazionali, ad esempio, hanno sviluppato una casistica maggiore rispetto ai giudici italiani sul punto), ma anche al fine di sapere, ad esempio, su quale delle parti incomba l’onere della prova e di valutare aspetti processuali rilevanti.

Occorre, a tal fine, distinguere tra contratto interno (tra due controparti italiane) e contratto concluso con una controparte straniera (contratto internazionale) e, nel secondo caso, capire se si applichi una legge nazionale scelta nel contratto, una convenzione internazionale (ad es. la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale – CISG), i Principi Unidroit o la clausola di Forza Maggiore o di Hardship della Camera di Commercio Internazionale (CCI), ove richiamati nel contratto.

E’ chiaro quindi che gli scenari possono essere i più vari.

Ipotizzando, ad esempio, un contratto di vendita o fornitura di prodotti tra imprese entrambe italiane (contratto interno), si dovrà anzitutto individuare la disciplina contrattuale applicabile, che potrà consistere in un contratto scritto completo, che regola anche tale circostanza; o, invece, semplicemente nello scambio di un ordine e di una conferma d’ordine o simile documentazione tra le parti; in tale contesto, potrebbero trovare applicazione eventuali condizioni generali di vendita o di acquisto di una delle parti (che magari contengono una clausola di forza maggiore o di hardship).

In assenza di una disciplina contrattuale specifica, si dovrà far riferimento alle norme sulle obbligazioni ed i contratti contenute nel codice civile che prevedono una nozione piuttosto restrittiva di impossibilità della prestazione (artt. 1218, 1256, 1463 ss. c.c.) o di eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) sopravvenute.

Sul punto, è ben vero che l’art. 91 del decreto legge 17/3/2020 n. 18 (c.d. “Cura Italia”) ha previsto l’introduzione di una disposizione secondo cui: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.

Tuttavia, non si può prescindere da una precisa valutazione della prestazione che nello specifico si assume essere impedita, né della specifica situazione, da parte dell’organo giudicante, il quale potrebbe giungere a conclusioni diverse a seconda dei casi. Ciò, anche considerato che l’attività di alcune imprese è stata temporaneamente (ma totalmente) sospesa in base ai decreti governativi; in altri casi, la sospensione è invece solo limitata ai reparti non indispensabili per la produzione; anche la prestazione che si ritiene essere impedita può riguardare un aspetto diverso dalla fabbricazione vera e propria (v. ad esempio, l’invio di un tecnico per effettuare il collaudo di un impianto), ecc.

Analogamente, eventuali certificazioni emesse dalla Camera di Commercio, se certamente possono agevolare l’onere della prova e costituire un valido supporto all’azienda che intenda far valere la forza maggiore o l’eccessiva onerosità sopravvenuta, non possono “garantire” in ogni situazione l’efficacia sospensiva della prestazione, nei confronti della controparte.

Ipotizzando poi una vendita o fornitura a controparte straniera (contratto internazionale), la disciplina applicabile potrà essere una legge straniera (i paesi di common law prevedono strumenti diversi, es. frustration, impracticability, ecc.), o la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale. In base a quest’ultima, diversamente dalla legge italiana, l’esonero da responsabilità non opera solo in caso di impossibilità della prestazione, ma in tutti i casi in cui la parte provi: “che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze” (art. 79). Sempre l’art. 79 della Convenzione di Vienna, a differenza della legge italiana, disciplina espressamente l’ipotesi di inadempimento del terzo, aspetto spesso rilevante in queste circostanze.

Sempre a livello internazionale, i contratti spesso prevedono clausole più sofisticate, anche incluse in modelli di contratto utilizzati in specifici settori (v. Orgalim, ICC, Federmacchine, ECE/ONU ecc.) e talvolta le parti rinviano a discipline specifiche (es. clausola di Forza Maggiore ICC o Principi Unidroit). Per inciso, proprio qualche giorno fa’, la CCI ha pubblicato una nuova versione della clausola di Forza Maggiore e Hardship (versione marzo 2020), che aggiorna la precedente versione del 2003 ed introduce anche una nuova versione “short form” (v. più approfonditamente: https://www.bbmpartners.com/news/La-nuova-clausola-di-Forza-Maggiore-della-ICC-2020).

Infine, sia con riguardo ai contratti interni italiani che ai contratti internazionali, non è sufficiente esaminare la sola clausola di forza maggiore, ma si deve effettuare una valutazione coordinata di tutte le clausole contrattuali; così ad esempio, con riguardo all’ipotesi in cui la situazione di forza maggiore si protragga troppo a lungo ed una delle parti chieda la risoluzione del contratto o la sua rinegoziazione. E verranno anche in considerazione principi generali eventualmente espressi in clausole contrattuali, ma comunque previsti in quasi tutti gli ordinamenti giuridici, quali ad esempio, l’obbligo di mitigare i danni, il principio di buona fede ecc., che in questo contesto possono assumere una forte rilevanza.

In conclusione, le imprese devono affrontare ciascuna situazione, esaminandola in dettaglio con riguardo alla specifica prestazione la cui esecuzione viene compromessa, alla luce delle norme contrattuali e di legge, applicabili al singolo caso.

 

Nelle ultime settimane, in nostro studio ha svolto molti webinar su quest'argomento. A titolo esemplificativo, chi fosse interessato, può richiederci la registrazione del webinar "Forza maggiore nei contratti nazionali e internazionali ai tempi del coronavirus", tenutosi lo scorso 16 aprile.

 

Avv. Silvia Bortolotti, partner degli studi legali associati BBM - Buffa, Bortolotti & Mathis; Segretaria Generale di IDI