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  • 4 feb
  • 2020

Applicazione delle disposizioni sul geoblocking alle vendite B2B tramite sito internet

Com’è noto, il Regolamento 2018/302 sul c.d. geoblocking, adottato il 28/2/2018 ed applicabile all’interno dell’Unione Europea a partire dal 3/12/2018, impone una serie di limitazioni alle transazioni transfrontaliere volte ad evitare discriminazioni basate sulla nazionalità, residenza e luogo di stabilimento del cliente (tipicamente, il divieto di blocco o di reindirizzamento automatico e l’applicazione di condizioni discriminatorie).

Benché in linea di principio il Regolamento si applichi sia alle transazioni on-line che a quelle off-line (nonché ai casi di vendita tramite canali integrati on-line e off-line, c.d. omnichannel), la maggior parte delle disposizioni in esso contenute riguarda in realtà le vendite effettuate tramite commercio elettronico. Inoltre, esso pacificamente si applica solo alle transazioni transfrontaliere, escludendo quelle puramente interne.

Con specifico riguardo all’ambito di applicazione soggettivo, che qui interessa, il Regolamento mira a tutelare principalmente i consumatori e ciò lo si desume non solo dalla circostanza che tale disciplina si inserisce in una più ampia normativa europea di tutela in tale settore, ma anche dagli svariati espliciti ed impliciti riferimenti ivi contenuti (es. alla residenza, nazionalità ecc.).

Tuttavia, dalla definizione di “cliente” contenuta al punto 13 dell’art. 1 del Regolamento si ricava che il legislatore comunitario ha inteso estendere la tutela prevista dal Regolamento oltre che al consumatore, anche all’impresa che acquisti il bene o riceva il servizio “al fine esclusivo dell’uso finale”. In particolare, la definizione è la seguente:

“13) «cliente»: un consumatore che ha la cittadinanza o la propria residenza in uno Stato membro o un'impresa che ha il proprio luogo di stabilimento in uno Stato membro e che riceve un servizio o acquista un bene, o intende farlo, all'interno dell'Unione al fine esclusivo dell'uso finale;”

Sul punto, il considerando n. 16 del Regolamento dispone:

“All’atto dell’acquisto di beni o servizi in qualità di utenti finali sottoposti a condizioni generali di accesso, i consumatori e le imprese, in particolare le micro imprese e le PMI, si trovano spesso in una posizione simile. Pertanto, sia i consumatori che le imprese dovrebbero essere protetti contro la discriminazione per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento quando agiscono come clienti ai fini del presente regolamento. Tuttavia, tale protezione non dovrebbe estendersi ai clienti che acquistano un bene o un servizio per la rivendita, la trasformazione, il trattamento, la locazione o il subappalto successivi, poiché ciò inciderebbe su sistemi di distribuzione ampiamente utilizzati dalle aziende nelle relazioni tra imprese, che sono spesso negoziati in via bilaterale e direttamente connessi alle strategie commerciali a valle e a monte. Esempi di tali sistemi includono la distribuzione esclusiva e la distribuzione selettiva, che in genere consentono ai fabbricanti di scegliere i propri rivenditori al dettaglio, nel rispetto delle regole di concorrenza. Pertanto, il presente regolamento dovrebbe far salve le pratiche non discriminatorie dei professionisti che limitano le transazioni, o le transazioni ripetitive, al fine di impedire alle imprese di acquistare quantitativi che eccedono le loro necessità interne, purché i professionisti tengano debitamente conto delle dimensioni delle imprese, in modo da determinare se l’acquisto sia destinato solamente all’uso finale.”

Inoltre, il documento esplicativo del Regolamento, emanato dalla Commissione Europea il 22 marzo 2018 (il cui contenuto di fatto riprende il considerando n. 16 del Regolamento), precisa che:

“(..) Le norme del regolamento sui blocchi geografici si applicano, in principio, sia alle transazioni tra imprese e consumatori (business-to-consumers, B2C) sia a quelle tra imprese (business-to-business, B2B), a condizione che tali transazioni vengano effettuate sulla base di condizioni generali di accesso (ossia, non vengano negoziate individualmente) e al fine esclusivo dell'uso finale (ossia, non a scopo di rivendita, trasformazione, trattamento, locazione o subappalto).

Esempio: uno studio legale finlandese sta cercando un nuovo fornitore di servizi di back-up e di archiviazione su cloud e ha trovato un'offerta vantaggiosa presso un fornitore estone. Tale transazione rientra nell'ambito di applicazione del regolamento sui blocchi geografici.

(…) Il regolamento non si applica quando beni e servizi vengono acquistati con scopo diverso dall’uso finale, ossia sono finalizzati alla rivendita, alla trasformazione, al trattamento, alla locazione o al subappalto. Il regolamento non prescrive modalità specifiche con cui accertarsi in anticipo se una transazione venga effettuata al fine esclusivo dell’uso finale. A tal riguardo, il regolamento stabilisce che vengono fatte salve le pratiche non discriminatorie dei professionisti che limitano le transazioni, o le transazioni ripetitive, al fine di impedire alle imprese di acquistarne quantitativi che eccedono le loro necessità interne. Il regolamento permette dunque ai professionisti di applicare metodi adeguati per accertarsi che i beni o i servizi vengano acquistati al fine esclusivo dell’uso finale.”

E’ chiaro quindi che il Regolamento 2018/302 si applica ai soggetti diversi dai consumatori, soltanto laddove essi acquistino quali utilizzatori finali, come spiegato nell’esempio sopra riportato.

Tuttavia, non viene chiarito come debba comportarsi un’azienda che abbia un sito internet finalizzato alla vendita B2B, ma che includa prodotti anche potenzialmente utilizzabili per uso finale, per essere sicura di non violare le norme del Regolamento. Tale incertezza ha portato svariate imprese che vendono tramite e-commerce prodotti non destinati al consumatore finale (B2B) ad adeguare comunque i propri siti internet e le proprie politiche commerciali a tale normativa, onde evitare di incorrere in violazioni di legge.

Ci si chiede, quindi, se un’azienda, la quale dichiari espressamente sul proprio sito di rivolgersi unicamente al settore B2B, la quale inoltre adotti soluzioni tecniche ed informative chiare, volte ad escludere la vendita ai consumatori finali ed agli utilizzatori finali, possa astenersi dall’ottemperare agli obblighi previsti dal Regolamento.

Premesso che, oltre alle disposizioni del Regolamento ed alle note esplicative della Commissione Europea sopra riportate, non ci risultano esistere al momento pronunce giurisprudenziali sul punto, a nostro avviso, occorre anzitutto distinguere tra l’ipotesi in cui l’azienda venda prodotti o fornisca servizi che per loro natura non possono essere acquistati per un uso finale (es. beni destinati all’industria, beni che necessariamente devono essere trasformati, ecc.), rispetto alla vendita di beni o fornitura di servizi che potenzialmente possono essere destinati all’uso finale.

Nel primo caso, riteniamo che l’azienda – prendendo tutte le precauzioni necessarie per chiarire a priori sul proprio sito che le norme del Regolamento geoblocking non si applicano alle vendite effettuate tramite tale sito, in quanto esso non ha ad oggetto vendite a consumatori e neppure vendite destinate ad un uso finale – possa senz’altro astenersi dall’ottemperare agli obblighi e divieti previsti nel Regolamento.

Tale interpretazione trova confronto in tutte le norme sopra citate ed in particolare nelle note esplicative della Commissione, laddove precisano che “Il regolamento non si applica quando beni e servizi vengono acquistati con scopo diverso dall’uso finale”, considerato che l’acquisto ad uso finale da tale sito non sarebbe proprio possibile.

Nel secondo caso, invece, la risposta non è così netta. Infatti, nel caso in cui l’azienda venditrice chiarisca sul proprio sito che lo stesso è destinato unicamente al B2B, che non sono ammesse vendite di prodotti o prestazioni di servizi destinati ad un uso finale da parte dell’acquirente e che quindi il sito e le relative vendite non sono soggette alle disposizioni del Regolamento, si dovrebbe stabilire se – nel caso in cui un’impresa ciò nonostante effettui un acquisto ad uso finale - possa venir contestata all’azienda venditrice la violazione del Regolamento, ad esempio in caso di reindirizzamento automatico dell’acquirente.

In linea di principio, a nostro avviso, si dovrebbe poter escludere l’applicazione del Regolamento anche in tale ipotesi: infatti, se e nella misura in cui l’impresa che intende acquistare ad uso esclusivo finale, venga immediatamente posta in condizione di comprendere che quel sito non ammette tale tipologia di vendita e per tale ragione non trovano applicazione le norme sul geoblocking, egli ben potrà trovare altre possibilità di acquisto sul mercato e qualora acquisti comunque a scopo di uso finale, si tratterà di una sua libera scelta, contraria alle indicazioni del venditore, che non dovrebbe poter determinare conseguenze negative per l’impresa venditrice.

Del resto, appare piuttosto chiaro che l’intento del legislatore comunitario non è quello di interferire nei rapporti B2B, in linea di principio lasciate alle imprese (come risulta, in particolare, dal considerando 16 del Regolamento), bensì quello di tutelare i consumatori (e gli utilizzatori finali) nell’ambito del B2C.

Tuttavia, è chiaro che, in assenza di precedenti sul punto, non possiamo garantire che tale interpretazione sarebbe fatta propria da un giudice, in un eventuale giudizio.

Pertanto, riteniamo di poter concludere nel senso di ritenere ammissibile la soluzione sopra consigliata certamente nel caso di vendita di prodotti o prestazione di servizi per loro natura non suscettibili di utilizzo finale (ossia, finalizzati alla rivendita, alla trasformazione, al trattamento, alla locazione o al subappalto). Nel secondo caso, invece, tale approccio dovrà essere valutato con cautela e supportato dalla consulenza di uno specialista del settore.

 

Prof. Avv. Fabio Bortolotti

Avv. Silvia Bortolotti